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Sovraindebitamento del finanziato: quando è responsabile la banca?

Cassazione Civile n. 18610/21

È qualificabile come illecita la condotta dell'Istituto di credito che nell'erogazione viene meno ai principi di sana e prudente gestione.

"L'erogazione del credito che sia qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività di impresa.”

La Suprema Corte ridisegna poi i confini della sana e prudente gestione tenuto conto che ogni attività di impresa si qualifica per l'assunzione di un rischio. Il confine tra erogazione del credito lecita e illecita sarebbe individuato nella assunzione di un rischio irragionevole. La Corte propone una esemplificazione chiarificatrice: “Non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi dell’impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell’intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un’impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito a detti scopi”.

Si individua quindi nel curatore fallimentare il legittimato attivo e nel detrimento patrimoniale il danno da risarcire.

“Il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecito nuovo finanziamento o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito, per il danno diretto all’impresa conseguito al finanziamento e per il pregiudizio all’intero ceto creditorio a causa della perdita della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.

Legittimati passivi saranno quindi il finanziatore ma anche gli organi sociali del finanziato, responsabile solidalmente. “La responsabilità in capo alla banca, qualora abusiva finanziatrice, può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all’art. 146 l. fall., in via di solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 c.c., quali fatti causatori del medesimo danno, senza che, peraltro, sia necessario l’esercizio congiunto delle azioni verso gli organi sociali e verso il finanziatore, trattandosi di mero litisconsorzio facoltativo”.

Indaga la Cassazione sulla natura della responsabilità della Banca verso i creditori inquadrandola in una responsabilità acquiliana. Né osta a questo la qualità della banca come debitrice rispetto all'obbligazione risarcitoria e come creditrice per la restituzione delle somme finanziate, potendo peraltro operare la compensazione tra i rispettivi crediti.

Quanto all'onere della prova la cassazione individua dettagli che valgono a rifuggire il rischio di un indiscriminato ostacolo nell'accesso al credito, o almeno si spera che questo possa essere l'esito.

Il curatore ha l'onere di dedurre e provare:

a) la condotta violativa delle regole che disciplinano l'attività bancaria, caratterizzata da dolo o almeno da colpa, intesa come imprudenza, negligenza, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline, ai sensi dell'art. 43 c.p.;

b) il danno-evento, dato dalla prosecuzione dell'attività d'impresa in perdita;

c) il danno-conseguenza, rappresentato dall'aumento del dissesto;

d) il rapporto di causalità fra tali danni e la condotta tenuta.

Con riguardo a quest'ultimo aspetto si precisa che" l'affermazione di tale responsabilità della banca richiede non solo la rigorosa indagine circa la situazione di negligenza professionale della banca, ma anche la scrupolosa verifica del nesso causale, ai sensi dell'art. 1223 c.c., alla stregua della teoria della causalità adeguata, per la quale non è sufficiente che tra l'antecedente ed il dato consequenziale sussista un rapporto di sequenza temporale, essendo invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile alla stregua di un calcolo di regolarità statistica, di tal che l'evento dannoso si ponga come conseguenza normale dell'antecedente."

Diversamente per la responsabilità verso l'impresa finanziata la Cassazione inquadra l'ipotesi nella fattispecie di cui all'art. 1337 ove la banca abbia negoziato un finanziamento disattendendo "gli obblighi del prudente e accorto operatore professionale"; si tratterà invece di responsabilità contrattuale in caso di prosecuzione del finanziamento in essere, essendo già in essere un rapporto. In merito alla prima ipotesi la Suprema Corte non si esime dal pronunciarsi sulla natura della responsabilità che riconduce a quella contrattuale da contatto sociale. Ne segue che in entrambe le ipotesi la disciplina applicabile, anche dal punto di vista dell’onere probatorio, è quella di cui all'art. 1218.

Esito del giudizio:

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.

Riferimenti normativi:

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