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Inammissibile l'appello post Cartabia se manca l’elezione di domicilio anche se l’appellante

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta avverso la sentenza di condanna emessa nei confronti di un imputato per reati in materia di stupefacenti, a causa della mancata osservanza dell' art. 581 c.p.p., comma 1-ter, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 16 ottobre 2023, n. 41858 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui l'imputato, alla data della proposta impugnazione, risultava detenuto agli arresti domiciliari ed era presente alla lettura del dispositivo, da cui conseguiva la irrilevanza della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, atteso che la notifica nei suoi confronti avrebbe comunque dovuto essere eseguita mediante consegna di copia analogica alla persona – ha invece affermato che la inammissibilità dell'impugnazione prevista dall' art. 581 c.p.p., comma 1-ter introdotto con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 33, comma 1, lett. d) in ipotesi di omesso deposito della a dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell'imputato appellante, ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione, opera anche nei confronti del detenuto sottoposto agli arresti domiciliari al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell' art. 157 c.p.p.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Conformi

Non si rinvengono precedenti Difformi

Non si rinvengono precedentiPrima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’ art. 581, c.p.p., sotto la rubrica «Forma dell'impugnazione», prevede che “1. L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità: a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione; b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione; c) delle richieste, anche istruttorie; d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. 1-bis. L'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione. 1-ter. Con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. 1-quater. Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l'atto d'impugnazione del difensore è depositato, a pena d'inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”. L’ art. 33, D.Lgs. 10/10/2022, n. 150 ha apportato consistenti modifiche in tema di declaratoria di inammissibilità dell’atto difensivo strettamente correlata alla forma dell’impugnazione. Nello specifico sono stati aggiunti a pena di inammissibilità dell’impugnazione stessa, alcuni criteri necessari, nonché particolarmente stringenti rispetto alla precedente disciplina, quali la specificità dei motivi di impugnazione, la necessità della dichiarazione di elezione di domicilio per la notificazione del decreto di citazione a giudizio, nonché - nel caso di imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza - la necessità di uno specifico mandato ad impugnare rilasciato al difensore dopo la sentenza che si intende impugnare, contenente altresì l’elezione di domicilio per la notificazione del decreto di citazione a giudizio. Ciò è avvenuto attraverso l’introduzione dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581. Con il comma 1-ter si stabilisce che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia disposta la dichiarazione di elezione di domicilio di parte della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Dal tenore letterale della disposizione, tale obbligo incombe anche sull’imputato che abbia già eletto o dichiarato domicilio in una fase precedente, pena l’inammissibilità dell’appello. Tuttavia, qualche perplessità potrebbe sorgere con riguardo alla parte civile, al responsabile civile o al civilmente obbligato per la pena pecuniaria, poiché analizzando la disciplina codicistica vigente in tema di capacità di stare in giudizio, di impugnare i provvedimenti e di necessità di domiciliazione presso il difensore, sembra potersi sostenere che il requisito introdotto a pena di inammissibilità dell’atto di impugnazione ai sensi del comma 1-ter dell’art. 581 rilevi (oltre che per querelante e persona offesa) solamente per l’imputato. Richiedere, infatti, per le altre parti private uno specifico adempimento, a pena dell’inammissibilità dell’impugnazione, finalizzato solo a consentire la notifica del decreto di citazione, quando per legge le stesse risultano domiciliate presso il difensore, appare del tutto superfluo, oltre che inutilmente penalizzante (Biondi). In ogni caso, parte della giurisprudenza ritiene che tale disposizione non operi nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto ( Cass. pen., Sez. II, 28/7/2023, n. 33355), posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell'obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell'imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall' art. 6 CEDU ( Cass. pen., Sez. II, n. 38442 del 13/9/2023, CED Cass. 285029). Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di Appello aveva dichiarato la inammissibilità della impugnazione proposta dalla difesa di un imputato avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309/1990, art. 73, commi 1 e 4. Secondo il giudice di appello, la inammissibilità della impugnazione dipendeva dalla mancata osservanza dell' art. 581 c.p.p., comma 1-ter come novellato dal D.Lgs. n. 150/2022, art. 33 lett. d) applicabile, ai sensi del D.Lgs. cit., art. 89, comma 3, alle sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore della riforma e pertanto a partire dal 30/12/2022. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa del detenuto, sostenendone l’erroneità, atteso che l'imputato, alla data della proposta impugnazione, risultava detenuto agli arresti domiciliari ed era presente alla lettura del dispositivo, da cui conseguiva la irrilevanza della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, atteso che la notifica nei suoi confronti avrebbe comunque dovuto essere eseguita mediante consegna di copia analogica alla persona ai sensi dell' art. 156 c.p.p., comma 1 e 3 e art. 157 e che pertanto la dichiarazione di domicilio non avrebbe comunque potuto svolgere alcuna reale utilità ai fini notificatori. La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, secondo la S.C., lo stato di detenzione dell'imputato al momento del deposito dell'atto di impugnazione non consente di fare ritenere non applicabile la previsione in esame, sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso (né il coordinamento con la disciplina del procedimento notificatorio consente di ravvisare una relazione di specialità derogans tra le due disposizioni), sia perché una interpretazione che ravvisasse una incompatibilità logica tra la disposizione di cui all' art. 581 c.p.p., comma 1-ter e le disposizioni che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari ( art. 156 c.p.p., comma 3 e art. 157 c.p.p.), non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell'impugnante successivamente al deposito dell'atto di appello. Ne consegue, secondo la S.C., che la Corte territoriale aveva correttamente dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto avverso la sentenza pronunciata dopo l'entrata in vigore della Riforma Cartabia, in assenza della dichiarazione o elezione del domicilio, trattandosi di adempimento a pena di inammissibilità. Da qui, pertanto, il rigetto del ricorso. Riferimenti normativi: Art. 581, comma 1-ter c.p.p.

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