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Particolare tenuità: applicabile in caso di precedenti penali?


Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado nei confronti dell’imputato per aver reso false dichiarazioni al fine di ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio in un processo penale, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 10 marzo 2022, n. 8302 – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente la Corte di appello aveva considerato negativamente il dato dei precedenti penali, mentre i parametri valutativi previsti dall'art. 131-bis, c.p. hanno natura oggettiva - ha ribadito il principio secondo cui il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è precluso dall'esistenza di precedenti penali gravanti sull'imputato, pur quando, sulla base di essi, si sia applicata una pena superiore al minimo edittale, atteso che i parametri di valutazione di cui all'art. 131-bis c.p. hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI ConformiCass. pen. sez. III, 23/11/2016, n. 35757, dep. 2017 Cass. pen. sez. VI, 03/12/2019, n. 605, dep. 2020 Difformi Non si rinvengono precedenti in terminiPrima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 131-bis, c.p., sotto la rubrica «Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto», prevede che “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, e nell'ipotesi di cui all'articolo 343. Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69. La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante». Per quanto qui di interesse, condizione per il riconoscimento della non punibilità del fatto è che il comportamento dell'agente non sia di tipo abituale (comma 3). Per la distinzione tra comportamento abituale e comportamento occasionale (Cass. pen. sez. V, 23/04/2021, n. 15483). Il "comportamento abituale" non può essere ritenuto sussistente sulla sola base di testimonianze da cui sia emersa la reiterazione da parte dell'imputato di condotte identiche a quella di cui all'imputazione, in assenza di elementi oggettivi quali ulteriori condotte oggetto di accertamento processuale e, prima ancora, di denunce o querele da parte delle vittime (Cass. pen. sez. II, 26/09/2018, n. 41774; v. anche Cass. pen. sez. IV, 19/12/2018, n. 57355). Non viola il principio di uguaglianza subordinare il riconoscimento della causa di non punibilità alla non abitualità del comportamento illecito, dato che anche in presenza di fatti analoghi le ineguali condizioni soggettive giustificano il diverso trattamento penale (Corte cost., 09/01/2018, n. 279). Non preclude l'applicazione dell'art. 131-bis la presenza di un unico precedente penale (Cass. pen. sez. IV, 19/12/2018, n. 57355). Non integra il requisito dell'"abitualità", ostativo al riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la presenza di mere denunce a carico dell'imputato, specie se risalenti nel tempo e delle quali non sia noto l'esito processuale (Cass. pen. sez. III, 22/02/2017, n. 36616; con riferimento all’irrilevanza della presenza di mere denunce: Cass. pen. sez. IV, 07/07/2021, n. 25748). La presenza di denunce o "precedenti di polizia" non costituisce un elemento ostativo all'applicabilità della causa di non punibilità (Cass. pen. sez. IV, 15/11/2018, n. 51526). Altra pronunzia ha invece ritenuto che i precedenti di polizia possano essere ritenuti sintomatici dell'abitualità del reato, a condizione che siano verificati gli elementi fattuali, le eventuali allegazioni difensive e gli esiti delle segnalazioni, ossia la loro eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato e l'avvio di un procedimento penale (Cass. pen. sez. VI, 19/03/2021, n. 10796). Per la precisazione che il comportamento è abituale quando l'autore ha commesso, anche successivamente, più reati della stessa indole, oltre quello oggetto del procedimento (Cass. pen. sez. Unite, 25/2/2016, n. 13681; v. anche Cass. pen. sez. III, 25/06/2021, n. 24857; Cass. pen. sez. V, 29/10/2020, n. 29961; Cass. pen. sez. VI, 19/02/2020, n. 6551; Cass. pen. sez. II, 16/07/2018, n. 32577). L'identità dell'indole deve essere valutata dal giudice in concreto, verificando se i reati presentino caratteri fondamentali comuni (Cass. pen. sez. V, 28/11/2018, n. 53401). Il comportamento è abituale quando l'autore, anche successivamente al reato per il quale si procede, ha commesso almeno due illeciti oltre quello preso in esame, compresi reati dichiarati non punibili ai sensi dell'art. 131-bis (Cass. pen. sez. II, 29/03/2017, n. 19932; v. anche Cass. pen. sez. III, 29/1/2018, n. 4123; contra Cass. pen. sez. III, 21/1/2020, n. 2216); assumono rilevanza non solo le condanne irrevocabili, ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis (Cass. pen. sez. III, 02/07/2019, n. 28573). Il giudice è tenuto a valutare se le violazioni commesse possano ritenersi o meno non solo come non abituali ma anche come semplicemente episodiche ed in tal senso se possano essere o meno favorevolmente valutabili ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità (Cass. pen. sez. II, 29/03/2017, n. 19932). La nozione di comportamento abituale non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, con la conseguenza che assumono rilievo anche reati commessi successivamente a quello per cui si procede (Cass. pen. sez. VI, 28/03/2017, n. 26867); per la ritenuta inapplicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica (Cass. pen. sez. V, 14/01/2021, n. 1489). Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva confermato la sentenza del Tribunale con cui l’imputato era stato condannato in relazione al reato di cui all'art. 95 D.P.R. n. 115/2002, in particolare per avere attestato falsamente che nessuno dei familiari conviventi era proprietario di immobili o percepiva redditi, mentre, in base agli accertamenti effettuati, il figlio convivente era risultato proprietario di un immobile e di un'autovettura Bmw del valore di euro ventimila. La Corte aveva, infine, rilevato che, alla luce dei numerosissimi precedenti penali, il fatto non poteva essere considerato occasionale, per cui non poteva essere applicata la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. Ricorrendo in Cassazione, la difesa, per quanto qui di interesse, rilevava che non ricorrevano condizioni ostative al riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto quali motivi abbietti, futili, crudeltà o sevizie; inoltre, mancava l'abitualità della condotta criminosa, della quale il reo era imputato. La Corte di merito aveva erroneamente considerato negativamente il dato dei precedenti penali, mentre i parametri valutativi previsti dall'art. 131-bis c.p. hanno natura oggettiva. La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra, in particolare richiamando quella giurisprudenza che ha affermato come i precedenti penali possono assumere valenza ostativa solo ove l'imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole (Cass. pen. sez. VI, n. 605 del 03/12/2019, dep. 2020, A., CED Cass. 278095; Cass. pen. sez. III, n. 35757 del 23/11/2016, dep. 2017, S., CED Cass. 270948). La sentenza, sul punto, non risultava aver fatto buon governo di questi principi, essendosi limitata a fare riferimento genericamente ai plurimi precedenti penali che sarebbero indicativi di non abitualità della condotta criminosa, sillogismo avente natura del tutto congetturale, in quanto non era stata spiegata la presunta comunanza di indole con quello per cui si procede. Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso. Riferimenti normativi: Art. 131-bis c.p.

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