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Intangibilità del giudicato: quando non vale per il Giudice dell'Esecuzione


Tutela della parte “debole”: anche il giudice dell’esecuzione può rilevare le clausole abusive se il titolo esecutivo è passato in giudicato

L'esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell'esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non abbia proposto opposizione. Nelle controversie tra consumatore e professionista, invero, sussiste la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, e si presume vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri stabiliti dal codice di procedura civile. È quanto si legge nella sentenza del Tribunale di Milano del 17 gennaio 2023, n. 298. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALIConformi: Cass. civ. sez. Unite 1 ottobre 2003, n. 14669

Difformi:Non si rinvengono precedenti Il Tribunale di Milano aveva emesso a carico di O. S.A.S. e dei tre garanti di O. SAS, A.M.G., E.G., G.T. un decreto ingiuntivo a seguito del ricorso promosso da E., la quale aveva dichiarato di essere creditrice di euro 34.524,83, oltre interessi di mora, di cui euro 2.646,83 per il prezzo di una certa quantità di caffè e di euro 31.878,00 per “mancato utile lordo” per l'omesso acquisto di 5.796 kg di caffè. La ricorrente aveva dedotto, in particolare, che, a fronte di un finanziamento concesso dalla propria collegata F. S.R.L. e O. SAS, O. SAS, con “lettera di impegno” si era obbligata ad acquistare 100 kg di caffè al mese da E. per cinque anni, obbligandosi, inoltre, a pagare euro 5,50 per ogni kg di caffè non acquistato, con garanzia di pagamento assunta sino a concorrenza di euro 33.000,00 dalle tre persone fisiche. G.T. aveva chiesto la revoca del decreto ingiuntivo poiché aveva affermato di non avere mai sottoscritto la lettera di impegno, di non essersi mai costituita garante di O. SAS, e disconoscendo tutte le sottoscrizioni a sé riferibili. Nella lettera di impegno era contenuta una clausola che derogava al foro del consumatore, poiché, sulla base della stessa, veniva stabilita la competenza del tribunale di Milano a decidere in via esclusiva, con ciò rendendo, di fatto, l’esercizio dei propri diritti, da parte di G.T., notevolmente più complicato. In effetti G.T. aveva promosso opposizione al decreto ingiuntivo con ritardo, con ciò decretando la formazione del giudicato. Il Giudice dell'opposizione aveva dunque rimesso la causa in istruttoria, in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia europea, relativo alla compatibilità delle norme sostanziali e processuali sull'intangibilità del giudicato con il principio di effettività della tutela consumeristica, in ipotesi di decreto ingiuntivo non opposto relativo a contratto concluso con consumatore recante clausole abusive non espressamente vagliate dal Giudice del monitorio. La sentenza del Tribunale di Milano: tra esigenze di effettività della tutela e protezione concreta della parte “debole” La sentenza del Tribunale di Milano è estremamente interessante, poiché segna un ulteriore passo decisivo verso la piena attuazione della tutela della parte “debole” nell’ambito della dinamica contrattuale. Il Tribunale di Milano, invero, ha operato una piena valorizzazione del principio di effettività della tutela consumeristica, in considerazione del ruolo centrale che occupa la disciplina processuale, ruolo che va interpretato alla luce dei principi tracciati dalla giurisprudenza dell’Unione Europea. La ratio della disciplina consumeristica risiede, invero, nella necessità di porre rimedio allo squilibrio che connota il rapporto tra professionista e consumatore, ratio che non può essere soddisfatta laddove le norme che presiedono alla concreta attuazione della tutela del singolo, di stampo processuale, si rivelino, nei fatti, inidonee ad assicurare l’effettivo esercizio dei propri diritti nell’ambito del processo. Qualora al giudice dell’opposizione fosse precluso di esaminare d’ufficio, per la prima volta, la clausola abusiva contenuta nel contratto che deroga al foro del consumatore, invero, in virtù di una regola di stampo processualistico, le istanze di garanzia più volte evidenziate dalla giurisprudenza nazionale e da quella europea, verrebbero di certo disattese. In tal senso, il ruolo svolto dai Giudici nazionali ed europei assume una connotazione centrale nell’attività di corretta applicazione del diritto, poiché fondato su una ricostruzione del sistema teleologicamente orientata al rispetto dei valori costituzionali e, di conseguenza, ispirata a una concreta attuazione dei principi che animano il diritto unionale, nell’ottica di una piena armonia delle norme dell’ordinamento considerato nel suo complesso. Un’interpretazione sistematica che si fondi su un corretto bilanciamento dei principi dell’ordinamento si risolve, in ultimo, in una valorizzazione di quelle istanze di protezione della parte “debole” che costituiscono una acquisizione fondamentale propria del nostro ordinamento, espressione cristallina dell’evoluzione del pensiero giuridico che ha caratterizzato gli ultimi anni. Il Tribunale di Milano ha sposato in pieno le riflessioni che precedono, donando una interpretazione delle norme sostanziali e processuali orientata al rispetto dei principi valorizzati dalla Corte di giustizia europea. Il Tribunale ha evidenziato, invero, che con quattro sentenze gemelle, pronunciate il 17 maggio 2022, la Corte di Giustizia europea, ha affrontato la questione se siano compatibili o meno con i principi posti dagli artt. 6, co. 1 e 7, co. 1 della direttiva 93/13/CEE e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, le norme processuali del diritto degli Stati Membri che, in ipotesi di intervenuta formazione del giudicato, impediscono al giudice dell'esecuzione ovvero dell'appello di esaminare di ufficio la natura abusiva delle clausole contenute nei contratti. La CGUE ha stabilito, in dettaglio, che l'esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell'esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non abbia proposto opposizione. Il Tribunale ha evidenziato che tali principi risultano in continuità con quanto più volte già sancito dalla CGUE in tema di rispetto del principio di effettività della tutela consumeristica apprestata dalla direttiva 93/13/CEE, in conformità all'art. 47 della Carta. In particolare, la Corte ha sancito che “Il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d'ufficio, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, il carattere abusivo di una clausola contrattuale rientrante nell'ambito di applicazione della Direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista”. Inoltre: “I giudici nazionali, ove non possano interpretare e applicare la normativa nazionale in modo conforme alle disposizioni della direttiva 93/13, hanno l'obbligo di esaminare d'ufficio se le clausole convenute tra le parti abbiano natura abusiva e, a tal fine, di adottare le misure istruttorie necessarie, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione o giurisprudenza nazionali che ostino a tale esame”. Il Tribunale ha affermato che i principi espressi dalla CGUE sono stati tutti integralmente recepiti dalla nota pronuncia del 2014 in cui la Corte di Legittimità, a Sezioni Unite, ha stabilito che le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia in tema di rilievo officioso delle clausole abusive nei contratti relativi alle ipotesi di cd. “commercio business-to-consumer” consentono di desumere “un chiaro rafforzamento del potere- dovere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità”. In effetti: “La omessa rilevazione officiosa della nullità finirebbe per ridurre la tutela di quel bene primario consistente nella deterrenza di ogni abuso in danno del contraente debole. La rilevabilità officiosa, pertanto, sembra costituire il proprium anche delle nullità speciali, incluse quelle denominate "di protezione virtuale" (Cass. civ. sez. Unite del 12 dicembre 2014, n. 26242). Alla luce di tali principi il Tribunale di Milano ha ritenuto di dover esaminare nel merito l'abusività della clausola di deroga della competenza e l'incompetenza per territorio del Tribunale di Milano, in relazione al foro del consumatore, in quanto questione mai esaminata prima. Per il Tribunale, l'eccezione svolta dalla consumatrice G.T. è risultata fondata, poiché la clausola derogatoria della competenza, contenuta nella lettera di impegno assuntivo della garanzia, in forza della quale in caso di controversia è stata stabilita la competenza esclusiva del Foro di Milano, è nulla e inopponibile alla consumatrice G.T. Sul punto, ha precisato il Tribunale di Milano, la Corte di cassazione, con plurime pronunce, ha ritenuto che: “La competenza di cui al foro del consumatore, prevista dall'art. 33 co. 2 lett. u) del Codice del consumo prevale non solo sulle clausole di deroga convenzionale, ma anche sui criteri alternativi di radicamento della competenza previsti dal codice di rito agli artt. 18,19 e 20 c.p.c., e dalle leggi speciali, recessivi rispetto al criterio del foro del consumatore”. Con specifico riferimento al principio di effettività di cui all'art. 47 della Carta, il Tribunale ha inoltre evidenziato che la clausola abusiva di cui si discute “è una clausola tesa ad allontanare il luogo del rimedio giurisdizionale dal domicilio del consumatore per farlo coincidere con il luogo in cui ha sede il professionista: tale clausola, pertanto, lungi dal riequilibrare in concreto la disparità di posizione economica e informativa dei due contraenti, la aggrava, rendendo particolarmente difficile la tutela processuale dei diritti conferiti al consumatore dal diritto dell'Unione, in violazione dell'art. 7 della direttiva n. 93/13/CEE, del ventiquattresimo considerando della stessa direttiva e, in ultima analisi, proprio dell' art. 47 Carta”. Di conseguenza, “proprio la circostanza che G.T. sia stata costretta a difendersi mediante opposizione a decreto ingiuntivo nel termine di soli 40 giorni avanti ad un giudice posto a circa 1.000 km di distanza dal suo domicilio, tenuto conto dell'asimmetria informativa e di mezzi tra le due parti, ha reso alla consumatrice, concretamente più difficile l'esercizio del suo diritto, rispetto al tipo di tutela che avrebbe avuto se avesse potuto opporsi nel Tribunale del suo logo di residenza, come anche dimostrato dal fatto che la stessa ha effettivamente poi proposto un'opposizione oltre il termine di legge e, quindi improcedibile”. In ultimo, ha chiarito il Tribunale,“Le clausole processuali sono abusive tanto e forse di più di quelle sostanziali nella misura in cui, limitando in concreto l'accesso alla tutela giurisdizionale, rendono difficile, se non impossibile, un vaglio concreto ed effettivo dell'abusività anche delle clausole abusive sostanziali". Esito: Il Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità ex art. 33 co. 2 lett. u) Codice del consumo della clausola contenuta nella scrittura privata; per l'effetto, ha dichiarato l'incompetenza del Tribunale di Milano a conoscere nel merito della domanda di condanna svolta in via monitoria da M. S.P.A. contro G.T.; per l'effetto, ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano in favore di M. S.P.A., limitatamente all'ingiunzione pronunciata nei confronti di G.T.; ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo; ha assegnato alla parte interessata il termine di tre mesi per la riassunzione della causa avanti al Tribunale dichiarato esclusivamente competente; ha compensato integralmente tra le parti le spese del processo. Riferimenti normativi: Direttiva 93/13/CEE Art. 33, co. 2 lett. u), Cod. del consumo Tribunale Milano sez. XI, sentenza 17 gennaio 2023, n. 298

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