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AVVOCATI
GIOVANNONI & BETTELLA
STUDIO LEGALE IN PADOVA DAL 1995
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avvocato di diritto di famiglia
avvocato di diritto bancario
Sentenza di assoluzione del datore di lavoro
L’azione di regresso spettante all’INAIL nei confronti del datore di lavoro ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, nel caso in cui questi sia stato assolto dall’imputazione derivatagli dall’infortunio sul lavoro, è sottoposta al termine triennale di cui all’art. 112, quinto comma, seconda parte, del d.P.R. citato che, avendo natura di prescrizione e non di decadenza, può essere interrotto non con il deposito bensì con la notificazione del ricorso con cui l’azione viene esercitata oppure da ogni atto idoneo alla costituzione in mora.
Cassazione civile sez. lav., 13/08/2021, n.22876
Responsabilità contrattuale del datore di lavoro
In tema di responsabilità contrattuale del datore di lavoro, la responsabilità conseguente alla violazione dell’art. 2087 cod. civ., ha natura contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge ai sensi dell’art. 1374 c.c. dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.) che entra così a far parte del sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno differenziale da infortunio sul lavoro proposta dal lavoratore si pone negli stessi termini che nell’art. 1218 cod. civ., sull’inadempimento delle obbligazioni.
Tribunale Firenze sez. lav., 05/07/2021, n.517
Mancata adozione della specifica misura di sicurezza
In virtù dell’2087 c.c. la responsabilità del datore di lavoro è di tipo contrattuale, riconducibile alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che in caso di infortunio sul lavoro il riparto degli oneri probatori si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni: il lavoratore danneggiato dovrà dunque provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro dovrà provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile, cioè di aver adempiuto alle obbligazioni si sicurezza su di lui incombenti, apprestando tutte le misure atte ad evitare il danno. Ciò con l’ulteriore precisazione che la mancata adozione, da parte del lavoratore, della specifica misura di sicurezza non rappresenta un evento imprevedibile atto a scagionare il datore di lavoro dal dovere di vigilanza e dunque questi dovrà dimostrare di aver preteso il rispetto di tale fondamentale accorgimento, per cui il comportamento semplicemente omissivo del lavoratore non spezza il nesso eziologico tra l’evento occorsogli e l’omissione della datrice di lavoro.
Tribunale Reggio Calabria sez. lav., 30/06/2021, n.1338
Assenza per malattia: quando va detratta dal periodo di comporto?
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..
Tribunale Firenze sez. lav., 18/06/2021, n.478
Accertamento della responsabilità del datore di lavoro
In tema di infortuni sui luoghi di lavoro, ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, il lavoratore deve provare l’esistenza del danno subito, la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso causale fra questi due elementi. Una volta provate tali circostanze, graverà poi sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.
Corte appello Firenze sez. lav., 10/06/2021, n.424
Azione di regresso esperibile dall’Inail contro il datore di lavoro
L’azione di regresso esperibile dall’INAIL contro il datore di lavoro, civilmente responsabile dell’infortunio sul lavoro di un suo dipendente, prevista dall’art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, è assoggettata al termine triennale di decadenza (insuscettibile d’interruzione), decorrente dalla data di emissione della sentenza del giudice penale di non doversi procedere, caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto-reato, alla quale è equiparabile qualsiasi provvedimento, ancorché adottato nella fase precedente al dibattimento, che precluda, se non in presenza di una diversa situazione fattuale, la possibilità dell’avvio di nuove indagini e l’esercizio dell’azione penale nei confronti della medesima persona.
Ne consegue che, ove sia stato emesso, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., decreto di archiviazione, il termine decadenziale decorre dalla relativa data di emissione, trattandosi di atto la cui rimozione deve essere autorizzata dal giudice.
Cassazione civile sez. lav., 12/05/2021, n.12631
Esclusione della responsabilità del datore di lavoro
In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all’evento.
Corte appello Ancona, 05/05/2021, n.209
La condotta del dipendente
Il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo, invece, attribuirsi alcun effetto esimente per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni all’eventuale concorso di colpa del lavoratore.
La condotta del dipendente può comportare l’esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.
Tribunale Aosta sez. lav., 26/04/2021, n.36
Lavorazioni in quota e caduta del lavoratore
In tema di infortuni sul lavoro, in caso di lavorazioni in quota, il datore di lavoro deve approntare un ponteggio al fine di prevenire il rischio di caduta di “persone o cose”, con la conseguenza che egli è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore caduto, anche qualora lo stesso si trovasse in quota per ragioni non inerenti lo svolgimento di tali lavorazioni. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni da caduta occorse a due lavoratori, i quali si erano portati sulla sommità della struttura ove erano svolte delle lavorazioni, l’uno per riprendere la borsa degli attrezzi, e l’altro per verificare cosa stesse facendo il collega).
Cassazione penale sez. IV, 09/02/2021, n.21517
L’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro
In relazione al regresso esperito dall’ente previdenziale (“jure proprio”) ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 ed 11, tale azione è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa, giacché essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l’art. 2055 c.c. consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità.
Cassazione civile sez. lav., 22/01/2021, n.1399
Violazione delle norme antinfortunistiche
Gli obblighi che gravano sul datore di lavoro in tema di prevenzione degli infortuni sono strumentali alla tutela non soltanto dei suoi dipendenti, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro o che siano coinvolti nel suo ciclo produttivo, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di tale che, ove in tali luoghi o nel corso di tale ciclo produttivo si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza del soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.
Cassazione penale sez. IV, 19/01/2021, n.7087
Prescrizione e azione di regresso Inail
In materia di azione di regresso dell’INAIL per prestazioni erogate a seguito di infortunio sul lavoro, ai fini della prescrizione, tenendo conto della distinzione tra i casi in cui manchi un accertamento del fatto -reato da parte del giudice penale e di quelli in cui tale accertamento sussiste con pronuncia penale di condanna, la sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. è equiparata ad una condanna.
Cassazione civile sez. lav., 07/10/2020, n.21590
Omissione di sorveglianza circa l’instaurarsi di pericolose prassi operative
In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, incombe al datore di lavoro il compito di vigilare, anche mediante la nomina di un preposto, sulle modalità di svolgimento del lavoro per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza che, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, è fonte di responsabilità per i danni subito dall’infortunato.
Cassazione penale sez. IV, 18/09/2020, n.26618
Sicurezza sul lavoro e normativa antinfortunistica
In tema di sicurezza sul lavoro e normativa antinfortunistica, la condotta colposa del lavoratore può considerarsi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo laddove abbia attivato un rischio eccentrico o esorbitante la sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Cassazione penale sez. IV, 18/09/2020, n.26618
Comportamento abnorme del lavoratore: esclusa la responsabilità del datore
Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. Ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo, invece, attribuirsi alcun effetto esimente per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni all’eventuale concorso di colpa del lavoratore.
Infatti, la condotta del dipendente può comportare l’esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.
Tribunale Ivrea, 01/02/2019, n.409
Responsabilità datoriale: ha natura contrattuale
In tema di risarcimento danni da violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, la responsabilità datoriale va prospettata come di natura contrattuale perché la lesione della salute si configura come conseguenza di un comportamento già ritenuto illecito sul piano contrattuale e deriva dalla violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c.
Giacché l’illecito deriva dalla violazione di un obbligo contrattuale, il datore di lavoro versa in una situazione di inadempimento contrattuale regolato dall’art 1218 c.c. con conseguente esonero da parte del lavoratore, dell’onere della prova sulla sua imputabilità che va regolata in connessione con l’art. 1223 c.c. Ciò che il lavoratore deve provare è il fatto materiale, il danno patito e il nesso di causalità tra il danno e fatto verificatosi nel corso del rapporto di lavoro, spettando invece al datore di lavoro di provare di aver adottato tutti gli accorgimenti possibili per evitare il danno.
Tribunale Bari sez. lav., 03/12/2018, n.4363
Richiesta di rimborso di quanto corrisposto al lavoratore
In base all’art. 295 c.p.c., il giudizio instaurato dall’Inail nei confronti del datore di lavoro, ex art. 11 d.P.R. n. 1124 del 1965, per ottenere il rimborso di quanto corrisposto al lavoratore per effetto di un infortunio sul lavoro non è soggetto a sospensione necessaria in attesa dell’esito del procedimento penale a carico del datore di lavoro per i medesimi fatti, giacché, in applicazione dell’art. 654 c.p.p., l’efficacia della emananda sentenza penale di condanna o di assoluzione non potrà fare stato nei confronti dell’Inail, che non è parte nel giudizio penale e che non era legittimato a costituirsi, trattandosi non della proposizione di un’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, ma dell’azione di regresso, diversa da quelle considerate dall’art. 74 c.p.p.
Cassazione civile sez. lav., 25/10/2018, n.27102
Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102
Onere della prova: danno alla salute e nocività dell’ambiente di lavoro
L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la pretesa risarcitoria della lavoratrice – caduta in ufficio scivolando su di una carpetta di plastica trasparente portadocumenti – sul presupposto che non era stata provata la nocività dell’ambiente di lavoro, non emergendo quale misura organizzativa fosse adottabile per evitare l’infortunio). Cassazione civile sez. lav., 08/10/2018, n.24742
Infortunio sul lavoro: quando è esclusa la responsabilità del datore?
Il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza e ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante e imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Ne consegue che il datore di lavoro, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia qualificabile come “abnorme”. Ciò si verifica in caso di condotta imprudente posta in essere dal lavoratore del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro medesimo; oppure quando la condotta, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, si sia sostanziata in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Ciò non è accaduto nella fattispecie, dove il legale rappresentante di una società di costruzioni e il direttore dei lavori sono stati condannati per le lesioni occorse ad alcuni lavoratori a causa del crollo del solaio, non adeguatamente puntellato, senza che le condotte dei dipendenti abbiano assunto alcun rilievo abnorme.
Tribunale Nola, 18/07/2018, n.1033
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