Erronea segnalazione a Centrale Rischi: per il danno contano le pregresse condizioni economiche
La valutazione delle pregresse condizioni economiche e patrimoniali della società erroneamente segnalata alla Centrale rischi di Bankitalia costituisce un fatto materiale rilevante ai fini dell'accertamento del risarcimento del danno causato dalla lesione della reputazione commerciale. Così ha deciso la Cassazione civile con l’ordinanza n. 13264/2020.
di Fabio Fiorucci - Avvocato in Roma
Il fatto Una banca segnala alla Centrale rischi della Banca d'Italia una 'esposizione' della società attrice verso un altro istituto di credito. Tale segnalazione è erronea. In conseguenza della suddetta segnalazione vari istituti di credito, con i quali la società attrice intrattiene rapporti creditizi, riducono o chiudono le linee di credito. Le conseguenze della suddetta segnalazione, è affermato dalla ricorrente, hanno causato discredito commerciale alla società attrice, e le hanno precluso la possibilità di condurre a termine i progettati investimenti e piani di ampliamento. La società erroneamente segnalata in Centrale rischi chiede la condanna della banca al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subìto in conseguenza dell'accaduto. La segnalazione alla Centrale dei rischi di Bankitalia Il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi gestito dalla Banca d’Italia (denominato “Centrale dei rischi”) è un sistema informativo “di matrice pubblica” sull’indebitamento della clientela verso banche e intermediari finanziari, che persegue interessi pubblicistici di contenimento dei rischi bancari (Cass. n. 25512/2017; Cass. n. 21428/2008). È finalizzato a fornire agli intermediari partecipanti un’informativa utile per la valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del rischio di credito. Oltre che sul puntuale rispetto degli obblighi stabiliti dalla normativa di riferimento, il corretto funzionamento della Centrale dei rischi si fonda sulla piena collaborazione e sul senso di responsabilità degli intermediari partecipanti. Essi, per le relazioni dirette che intrattengono con la clientela e per la connessa disponibilità di elementi documentali, sono i soli in grado di assicurare l’esattezza dei dati segnalati e di dirimere eventuali dubbi che possano sorgere sulla corretta rappresentazione della posizione della clientela. Requisito fondamentale per garantire l’affidabilità dei servizi offerti dalla Centrale dei rischi è la qualità dei dati trasmessi, in termini di accuratezza, completezza e pertinenza. A tale riguardo, gli intermediari: – devono verificare con particolare attenzione, sulla base della documentazione in loro possesso, i dati anagrafici forniti in risposta ad una richiesta di codifica in modo da individuare con certezza il proprio cliente; – hanno l’obbligo di verificare preventivamente le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi in modo da garantire la qualità dei dati inviati, operando, se nell’eventualità, con la massima tempestività le rettifiche del caso; – hanno l’obbligo di verificare tutte le comunicazioni che ricevono dalla Centrale dei rischi e di rettificare tempestivamente le eventuali segnalazioni errate; in assenza di rettifiche da parte degli enti segnalanti, i dati registrati in Centrale dei rischi si considerano implicitamente confermati; la mancata o ritardata produzione delle rettifiche costituisce un elemento negativo di valutazione della situazione organizzativa aziendale e configura un inadempimento sanzionabile ai sensi della normativa vigente; – devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell’Autorità giudiziaria riguardanti le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza). Le pronunce dell’Autorità giudiziaria, ancorché appellabili, sono immediatamente esecutive ove non ne sia stata disposta la sospensione La reputazione commerciale: cenni Il diritto alla reputazione, diritto soggettivo perfetto riconducibile alla categoria dei diritti della personalità – la cui lesione comporta danni anche di natura patrimoniale, risarcibili ex art. 2043 c.c. – è stato descritto, con felice formulazione, come « il rapporto di giudizio che si instaura tra un soggetto ed una comunità » (Zeno-Zencovich) o ancora, « la stima o il giudizio che terzi hanno o danno di un soggetto ». La reputazione è ritenuto abbia una marcata valenza economica, avendo assunto nelle relazioni tra i consociati, al pari di altri attributi della personalità (l’immagine e il nome), spiccate connotazioni economiche, che giustificano la natura patrimoniale della sua lesione. Per reputazione economica o commerciale deve intendersi la considerazione che il pubblico ha delle capacità imprenditoriali e/o commerciali e della affidabilità, anche in termini di solidità patrimoniale, di un soggetto dedito all’attività d’impresa: in altre parole, la reputazione commerciale (o creditizia) coincide con l’immagine professionale che un imprenditore ha nell’ambiente in cui opera. Ancora attuale è l’inquadramento sistematico della reputazione economica proposto quasi quaranta anni addietro da autorevole dottrina: «la reputazione personale nel campo economico consente al soggetto il conseguimento di beni patrimoniali: la coesione tra quel bene e questi altri è molto intima, appunto perché trattasi della reputazione nel campo economico; ma ciò non elimina la necessità della distinzione. La reputazione, in sé e per sé considerata, è, in ogni suo aspetto, un bene personale: semplicemente, trattandosi della reputazione nel campo economico, il legame coi beni patrimoniali, attraverso essa conseguibili, è particolarmente intenso (invero, proprio da questa specie di reputazione, che è la pubblica stima della persona considerata come soggetto di attività economica, massimamente dipende il conseguimento di beni [utilità] patrimoniali)» (De Cupis). Di qui la necessità che la reputazione economica sia tutelata contro la divulgazione di informazioni che possano risultare lesive di diritti che al soggetto offeso sono riconosciuti, in generale dagli artt. 2 e 3 Cost., e nello specifico dall’art. 2598 c.c., in materia di concorrenza sleale, e dall’art. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica). La lesione alla reputazione economica ha dunque riguardo al discredito commerciale arrecato al soggetto che esercita una particolare attività economica ed in quello specifico settore in cui opera. La decisione di Cass. n. 13264/2020 L'ordinanza in commento, ai fini della determinazione del risarcimento del danno riveniente dalla erronea segnalazione alla Centrale rischi, ha evidenziato che l'accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale esige l'accertamento d'un duplice nesso causale: a) un primo nesso tra la condotta illecita (la erronea segnalazione alla centrale rischi) e la contrazione dei finanziamenti o la perduta possibilità dell'accesso al credito; b) un secondo nesso tra la contrazione dei finanziamenti e il peggioramento dell'andamento economico del soggetto danneggiato. L'accertamento del primo nesso (da valutare con le regole della causalità materiale, ex art. 40 c.p.) non implica di per sé la sussistenza del secondo (da valutare con le regole della causalità giuridica, ex art. 1223 c.c.). La chiusura, da parte d'un istituto bancario, delle linee di credito precedentemente accordate ad una società commerciale potrebbe infatti in teoria causarne la decozione tout court; oppure accelerarne una decozione che comunque era inevitabile; od ancora risultare irrilevante, ad esempio nel caso di società floride e sovracapitalizzate. Le pregresse condizioni economiche e patrimoniali della società che assume di essere stata danneggiata, pertanto, costituiscono un fatto materiale rilevante e centrale nell'accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale. Sulla base di questi (invero ragionevoli) presupposti, la Cassazione - preso atto delle pregresse difficoltà finanziarie della società erroneamente segnalata, della scarsa redditività del capitale in essa investito nonché dell'esistenza di una significativa situazione debitoria - ha rinviato alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, affinché verifichi il 'fatto materiale' rappresentato dalle pregresse condizioni economiche e finanziarie della società ricorrente, e valuti se queste abbiano causato, concausato o soltanto accelerato il danno di cui si è chiesto il risarcimento. Nelle medesima decisione, la Cassazione ha altresì ribadito che il danno non patrimoniale, come qualsiasi altro tipo di danno, non può mai ritenersi in re ipsa, con la conseguenza che la relativa prova (anche presuntiva) deve essere dapprima offerta da chi invochi il risarcimento, e quindi valutata dal giudice (che dovrà verificare la diffusione della notizia diffamatoria; la sua percepibilità da parte della collettività; la possibilità per fornitori e clienti di connettere il declino societario a quella notizia, piuttosto che ad altri fattori; la eccedenza del danno rispetto alla soglia della normale tollerabilità). Riferimenti normativi: Art. 2043 c.c.
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