Clausole vessatorie incompetenza territoriale e restituzione ex art. 1526 c.c.
Il caso Il caso in questione ha per oggetto la richiesta avanzata da parte di una società fallita di restituzione dei canoni versati in relazione a un contratto di leasing, stipulato quando l'impresa era in bonis con una banca. In considerazione del mancato pagamento di alcuni canoni, la banca aveva risolto il contratto di leasing, ed era rientrata in possesso dei beni. L'impresa fallita aveva dunque evocato in giudizio la banca, e sul presupposto della natura traslativa del leasing e quindi dell'applicazione analogica dell'art. 1526 c.c., aveva chiesto la restituzione dei canoni versati, con deduzione dell'equo compenso per l'uso dei beni. La banca si era costituita in giudizio eccependo in rito l'incompetenza territoriale per essere esclusivamente competente il Tribunale di Milano, così come indicato dall'articolo 19 delle condizioni generali di contratto approvate per iscritto; nel merito la banca aveva poi sostenuto l'infondatezza della domanda, per essere i canoni pagati, tenuto conto del periodo di utilizzo dei beni e del valore residuo dopo la restituzione, corrispondenti all'equo compenso spettante. Le questioni affrontate dal Tribunale di Reggio Emilia: in particolare, la validità delle clausole vessatorie non oggetto di specifica approvazione. Come anticipato, la questione affrontata dal Tribunale di Reggio Emilia scaturisce dalla richiesta di restituzione dei canoni versati in relazione a un contratto di leasing stipulato tra un'impresa fallita e una banca: appare utile un breve inquadramento dogmatico dell'istituto in esame prima di affrontare il fulcro della questione su cui si è soffermato in misura maggiore il Tribunale, ovvero la validità delle clausole vessatorie non oggetto di approvazione specifica. Il contratto di leasing è un contratto atipico in cui sono combinati gli elementi di alcuni contratti tipici: in ipotesi di leasing operativo (il produttore concede in locazione i beni prodotti) il riferimento va al contratto di locazione, cui viene aggiunto un patto di futura vendita; quanto all'ipotesi di leasing finanziario (un finanziatore si impegna ad acquistare un bene e a cederlo in locazione verso il corrispettivo di alcuni canoni periodici) il dibattito è invece aperto, in quanto taluni sostengono si tratti di due autonomi contratti di vendita (tra fornitore e concedente) e di locazione (tra concedente e utilizzatore) mentre altri fanno riferimento a un'ipotesi di contratto atipico con prevalente funzione di finanziamento. Nel caso in esame si è verificato il mancato pagamento di alcuni canoni e la conseguente risoluzione del contratto: l'impresa fallita, a parere del Tribunale, ha correttamente sostenuto l'applicazione analogica della norma di cui all'art. 1526, comma 1, c.c. (in tema di vendita con riserva di proprietà) richiedendo la restituzione dei canoni versati. Se la risoluzione nel merito della questione è apparsa alquanto agevole, maggiore impegno è stato invece profuso da parte del giudice nel sostegno della competenza territoriale del Tribunale di Reggio Emilia. Sul punto è stata invero affermata l'inefficacia dell'approvazione della clausola volta a stabilire la competenza del Tribunale di Milano, in quanto non avvenuta secondo quanto richiesto dalla normativa in materia di tutela del contraente debole. Viene qui in rilievo, cioè, la disciplina in tema di clausole vessatorie. Si definiscono vessatorie quelle clausole che rendono eccessivamente gravosa la posizione di uno dei contraenti pur non essendo illecite (ovvero contrarie alle norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume). La disciplina predisposta dal Legislatore in tema di clausole vessatorie si fonda sull'esigenza di tutela del contraente debole, il quale è chiamato a porre particolare attenzione alle stesse attraverso una autonoma sottoscrizione: di conseguenza, mentre le condizioni generali non onerose acquistano efficacia per l'altra parte anche se non conosciute ma conoscibili (ex art. 1341, comma 1 c.c.), quelle vessatorie invece rilevano solo se specificamente approvate per iscritto (ex art. 1341, comma 2 c.c.). Nella norma sono elencate una serie di clausole considerate vessatorie. Per soddisfare le esigenze sottese alla disciplina in esame, il Legislatore ha previsto un meccanismo di tipo formale: l'accettazione delle clausole vessatorie deve infatti risolversi in una dichiarazione espressa e solenne, ovvero in una specifica approvazione per iscritto. Malgrado tale previsione, il predisponente resta gravato dall'obbligo di rendere le condizioni generali conoscibili: di conseguenza, la clausola vessatoria, anche se oggetto di approvazione formale, non ha effetto se dotata di un significato poco comprensibile. In ipotesi, invece, di clausola ambigua si applica il principio dell'interpretazione più favorevole all'aderente ex art. 1370 c.c.. In relazione al requisito dell'apposita sottoscrizione, taluni hanno reputato sufficiente un'unica sottoscrizione qualora venga riportato l'elenco delle clausole vessatorie, mentre secondo i sostenitori della tesi più rigorosa è richiesta una seconda sottoscrizione riferita all'elenco specifico di dette clausole. La generica dichiarazione del contraente di aver preso conoscenza delle clausole contrattuali e di averle approvate, dunque, non è sufficiente, poiché è necessario il riferimento puntuale a ognuna di esse: l'onere formale si ritiene assolto nel momento in cui è sottoscritta un'autonoma dichiarazione di accettazione delle clausole vessatorie, specificamente individuate in riferimento al loro numero o al contenuto. Si impone, cioè, come affermato dal Tribunale di Reggio Emilia, la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate. La decisione del Tribunale di Reggio Emilia Il giudice ha ritenuto infondata l'eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla difesa di parte convenuta: è vero che la stessa è prevista dall'art. 19 delle condizioni generali di contratto pattuite tra le parti, espressamente sottoscritte ex art. 1341 c.c., ma tutte le clausole delle condizioni generali di contratto, comprese quelle non vessatorie, sono richiamate nel modulo unilateralmente predisposto dalla banca per la specifica approvazione per iscritto. Di conseguenza l'approvazione integra un riferimento generico, che la priva della specificità e della separatezza richieste dall'art. 1341 c.c., e dunque inefficace. La disposizione, invero, richiede non solo la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l'attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate (cfr., tra le altre, Cass., n. 9492 del 2012). Nel merito, il Tribunale ha considerato poi non revocabile in dubbio la natura traslativa del leasingoggetto di causa: correttamente parte attrice aveva richiesto la restituzione dei canoni versati, con detrazione del giusto prezzo spettante per il godimento (cfr. art. 1526 c.c. e art. 72-quater L.F.). Tanto premesso, il Tribunale di Reggio Emilia ha considerato definibile la causa sulla base della CTU e ha condannato la convenuta a pagare il dovuto. Esito: Condanna della convenuta al pagamento dei canoni richiesti dalla parte attrice e alle spese di lite oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie Riferimenti normativi: Artt. 1341, 1526 c.c. Precedenti giurisprudenziali: Cass., n. 9492 del 2012 Cass., n. 24262 del 2008 Cass., n. 5733 del 2008 Cass., n. 7748 del 2007 Cass., n. 4452 del 2006 Cass., n. 13890 del 2005 Cass., n. 2719 del 2005 Cass., n. 18680 del 2003 Cass., n. 6510 del 2001 Cass., n. 2849 del 1998
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