Clausole abusive rilevabili anche dopo la vendita del bene pignorato
Con ordinanza del 30 dicembre 2023 il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli, Dott. Giuseppe Fiengo, si è pronunciato in ordine alla possibilità, per il giudice dell’esecuzione, di rilevare eventuali clausole abusive pattuite con il consumatore, anche in sede di distribuzione, ovvero dopo la vendita del bene pignorato.
Ciò, sul presupposto del mancato, esplicito esame dell’abusività delle medesime clausole in sede monitoria.
Inoltre, la pronuncia si sofferma sulle modalità di informazione del consumatore (non costituito), quanto alla possibilità di avvalersi del rimedio dell’opposizione ai sensi dell’art. 650 C.p.c.
La questione è stata affrontata dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9479/2023, le quali avevano applicato i principi sanciti a livello europeo dalla Corte di giustizia UE con la decisione 17 maggio 2022, C-600/19, Ibercaja Banco SA.
Ponendo l’attenzione sulla peculiarità del caso affrontato dalla Corte di Giustizia, e sottolineando la differenza rispetto al caso de quo, l’ordinanza in oggetto ritiene sussistente, anche nel caso in cui sia già avvenuto il trasferimento del bene pignorato, il potere-dovere del giudice di rilevare la possibile abusività delle clausole contenute nel contratto, in forza del quale è stato emesso il titolo azionato in sede esecutiva da parte del procedente.
Il consumatore, pertanto, deve essere invitato a proporre l’opposizione tardiva (così come rimodellata dalla pronuncia delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, n. 9479/2023) mediante un atto da notificare ai sensi degli artt. 138 e ss. C.c.
E ciò per un triplice ordine di ragioni:
sarebbe difficilmente compatibile con il principio di tutela giurisdizionale effettiva un sistema che, lungi dal consentire al debitore – consumatore di vedere realizzato il proprio diritto (anche solo all’esito del giudizio di opposizione ex art. 650 c.p.c.) in via immediata sulle somme da distribuire e non assegnate (a fronte di eventuale provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell’art. 649 C.p.c.), imponga ad una parte debole (quale è il consumatore) non solo di instaurare un giudizio di cognizione, ma, anche, eventualmente di instaurare un processo esecutivo magari innanzi ad un giudice diverso da quello del proprio foro;
ove il giudice dell’esecuzione non rilevi neppure in fase distributiva la potenziale abusività della clausola è elevato il rischio che il consumatore non sia mai adeguatamente informato in ordine agli strumenti mediante i quali far valere i propri diritti, con sostanziale frustrazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 93/13/CEE;
il mancato rilievo in sede distributiva delle clausole abusive rischia, avuto riguardo al principio espresso dalla Corte di giustizia (sentenza dell’8 settembre 2022, C-80/21 82/21, E. K. S. K.) di differire (potenzialmente sine die) il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione: prescrizione che funge, nella dimensione eurocomunitaria, da ulteriore correttore dell’asimmetria esistente tra professionista e consumatore.
Inoltre, l’interpello del consumatore non costituito nel giudizio di esecuzione, secondo la pronuncia in esame, non può essere compiuto mediante un semplice atto da comunicare in cancelleria, poiché tale modalità di comunicazione è ritenuta incompatibile con la ragionevole possibilità, per l’esecutato – consumatore, di proporre l’opposizione ex art. 650 C.p.c.
Tale modalità lascia infatti il consumatore in quella posizione di svantaggio rispetto alla parte avversaria che la giurisprudenza della Corte di Giustizia tende a bilanciare, e che non risulta neppure compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’unica modalità di notifica ritenuta compatibile con il quadro normativo europeo, pertanto, secondo l’ordinanza pubblicata, non può che essere quella di cui agli artt. 138 e ss. C.p.c.
In conclusione, il Giudice fornisce specifiche indicazioni al consumatore, ovvero le uniche che, in base all’ordinanza in oggetto, possano consentire allo stesso di valutare in modo consapevole ed effettivo se avvalersi o meno del rimedio di cui all’art. 650 C.p.c. (come rimodulato dalle Sezioni Unite), ovvero:
le specifiche clausole del contratto che si ritengono abusive, e che hanno incidenza sull’accoglimento integrale o parziale della domanda del creditore;
le possibili conseguenze derivanti dall’eventuale accertamento della concreta abusività della clausole.
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