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Lettera anonima al datore lavoro: si può contestare?


La segnalazione anonima e il richiamo disciplinare al dipendente non può fondarsi su accuse generiche.

Il capo dell’azienda presso cui lavori ha ricevuto una lettera anonima che denuncia alcuni tuoi comportamenti scorretti: il fatto cioè che staresti svolgendo attività per altre società concorrenti, che avresti preso un permesso ma solo per farti il weekend lungo, che sul lavoro tendi sempre ad approssimare ed a scaricare sugli altri le tue mansioni. Il datore di lavoro ha creduto a queste affermazioni e ti ha inviato una comunicazione di avvio del procedimento disciplinare, invitandoti a presentare difese entro cinque giorni, a pena di licenziamento. A te sembra assurdo dare peso alle parole di un fantomatico mittente, anche perché le accuse, così generiche, non consentono una netta presa di posizione. Cosa puoi fare? Si può contestare la lettera anonima inviata al datore di lavoro? Che valore può avere ai fini disciplinari? La risposta è stata data dalla Cassazione Cass. sent. n. 13667/2018 del 30.05.2018. Vediamo cosa è stato detto.

Il procedimento disciplinare

Come a tutti noto, l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore impone il rispetto di una particolare procedura, in assenza della quale ogni eventuale sanzione è illegittima.

Il datore di lavoro che viene a conoscenza di un fatto che può integrare un’ipotesi di infrazione disciplinare deve, anzitutto, contestare per iscritto l’addebito al lavoratore. Tale contestazione deve essere immediata rispetto alla commissione del fatto contestato o della piena conoscenza, da parte del datore di lavoro, dell’infrazione. Non rilevano i semplici sospetti. In terzo luogo la contestazione deve essere specifica, deve cioè fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto nel quale il datore ha ravvisato infrazioni disciplinari. Non è necessaria una dettagliata descrizione dell’illecito disciplinare, ma è sufficiente un richiamo sintetico del fatto in modo da dare al lavoratore la possibilità di impostare la propria difesa.

Si può fondare una sanzione disciplinare su una lettera anonima?

I tre elementi del procedimento disciplinare che abbiamo appena menzionato (forma scritta, immediatezza e specificità) portano ad escludere la possibilità di avviare una contestazione al dipendente sulla base di una lettera anonima, a meno che la stessa sia supportata da prove concrete, valutabili dal datore di lavoro, e poggi su addebiti specifici. La generica illazione, infatti, non può servire a scaricare l’onere della prova contraria sul dipendente costringendo questi a difendersi da una accusa che non può comprendere nella sua reale portata. Tanto per fare un esempio, non va presa in considerazione una lettera anonima secondo cui il dipendente entrerebbe sempre tardi sul lavoro se non c’è l’indicazione dei giorni in cui ciò si sarebbe verificato. Non si può accusare un lavoratore di sfruttare i permessi della legge 104 per finalità personali (piuttosto che per l’assistenza al familiare disabile) senza specificare in quali giorni sarebbe avvenuto il comportamento illecito e cosa, concretamente, avrebbe fatto il dipendente. Viceversa, è legittimo un procedimento disciplinare che accusi un lavoratore di svolgere attività concorrente con l’azienda e, a supporto di ciò, alleghi alcune prove fotografiche.

In ogni caso il lavoratore dipendente nei cui confronti sia stato aperto un procedimento disciplinare a seguito di una segnalazione anonima ha tutto il diritto di prendere visione di tale lettera e delle eventuali prove allegate alla stessa.

L’azienda non può spostare l’onere della prova di difesa sul dipendente quando gli indizi contrari a questi derivano da fonti inattendibili quali una lettera anonima.

La sentenza è particolarmente interessante perché mette i dipendenti al riparo dai colleghi gelosi o dai dispetti di terzi: tutte le segnalazioni – anonime o firmate che siano – non possono limitarsi a contestare un comportamento generico, ma devono essere “contestualizzate”, indicando il tempo esatto in cui l’illecito sarebbe stato commesso e in cosa consiste tale illecito. In più, il datore di lavoro non può fidarsi di ciò che legge nella lettera anonima se non raccoglie prove sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza; diversamente sarebbe come imputare al dipendente l’obbligo di difendersi da affermazioni astratte e infondate.

La missiva inviata al datore può rilevare solo se contiene espressioni chiare, tali da far comprendere al destinatario i punti su cui focalizzare la propria difesa e consentirgli così di prendere una posizione contraria.

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