Il reclamo ex art. 410 bis c.p.p., ovvero, il nuovo rimedio contro l'ordinanza di archiviazione
Con legge 103/2017 è stata introdotta un'inedita forma di controllo di legalità del provvedimento di archiviazione affidata alla competenza del Tribunale monocratico nel dichiarato intento di alleggerire la Corte di cassazione cui l'art. 409 comma 6 (per conseguenza abrogato) affidava il controllo sull'ordinanza di archiviazione nei casi di nullità previsti dall'art. 127 comma 5 c.p.p..
In dottrina (Migliaccio) si è precisato che lo strumento in questione non costituisce un mezzo di impugnazione, ma «una nuova finestra di giurisdizione» assimilabile all'atto di opposizione.
Oggetto di reclamo è il provvedimento nullo di archiviazione, sia decreto sia ordinanza.
Il decreto di archiviazione è nullo, per violazione del contraddittorio, se emesso in mancanza degli avvisi che devono essere notificati alla persona offesa che abbia – ovvero non abbia nel caso di reati commessi con violenza alla persona o del reato di cui all'art. 624 bis c.p. – chiesto di essere informata della richiesta di archiviazione e dell’avviso che deve essere dato alla persona offesa ed all’indagato se l’istanza di archiviazione viene avanzata per particolare tenuità del fatto.
E' altresì nullo, per violazione del diritto di difesa, se è stato emesso prima che il termine di venti giorni (di cui al comma 3 dell’art. 408 c.p.p.) di trenta giorni (di cui al comma 3-bis del medesimo articolo) ovvero di 10 giorni (di cui all'art. 411 comma 1 bis) c.p.p. sia scaduto senza che sia stato presentato l’atto di opposizione.
É infine nullo se, essendo stata presentata opposizione, il giudice non si pronuncia sull’ammissibilità dell’opposizione o dichiara l’atto di opposizione inammissibile, salvi i casi di inosservanza del primo comma dell’articolo 410 c.p.p. (vale a dire mancanza di ulteriori investigazioni nonché di nuovi elementi di prova).
L’ordinanza di archiviazione è nulla nei soli casi indicati dal quinto comma dell’art. 127 c.p.p., che a sua volta prevede la nullità del rito camerale: qualora non sia stato notificato alle parti, con almeno dieci giorni di anticipo, il provvedimento di fissazione dell’udienza camerale (comma 1 dell’art. 127 c.p.p.); non siano state ascoltate le parti se sono comparse o hanno chiesto di essere sentite (comma 3 dell’art. 127 c.p.p.); non si sia tenuto conto di un legittimo impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente (comma 4 dell’art. 127 c.p.p.).
Nei menzionati casi di nullità del decreto e dell’ordinanza di archiviazione l'interessato (persona offesa e, nel caso di particolare tenuità del fatto, anche l'indagato) può proporre reclamo innanzi al Tribunale in composizione monocratica entro quindici giorni dalla effettiva conoscenza del provvedimento.
Non sono disciplinati i profili formali relativi all'atto di reclamo come anche quelli relativi al deposito dello stesso, per il quale pare opportuno procedere per il tramite della cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento gravato.
Il Tribunale, così investito, decide inaudita altera parte con ordinanza non impugnabile (ma revocabile in caso di violazione del contraddittorio: Cass. Pen., Sez. VI, Ordinanza 18 aprile 2018, n. 17535), previo avviso alle parti della fissazione dell’udienza almeno dieci giorni prima (in guisa da consentir loro di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza stessa).
La decisione può avere tre distinti esiti: accoglimento del reclamo, qualora siano state ritenute condivisibili le ragioni che lo sorreggevano, e quindi, annullamento del provvedimento impugnato (con conseguente restituzione degli atti al Giudice che lo ha emesso); ovvero conferma del provvedimento impugnato per ritenuta infondatezza del reclamo, con condanna della parte privata reclamante al pagamento delle spese del procedimento; ovvero, infine, dichiarazione di inammissibilità del reclamo con condanna della parte reclamane al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende (nei limiti di quanto previsto dal primo comma dell’articolo 616 del codice di rito).
L'ambito cognitivo del Tribunale è limitato ai soli profili formali e non include i tipici poteri cognitivi e decisori della giurisdizione di merito.