Accertamento negativo del saldo del c/c ed eccezione di prescrizione: istruzioni per l'uso
La sentenza del Tribunale di Torino del 14 giugno 2019 conferma che l'azione di mero accertamento del saldo del c/c ancora aperto è ammissibile - senza necessità di individuare le rimesse solutorie - purché l'attore vi abbia interesse, ribadendo, altresì, che l’eccezione di prescrizione non può essere esaminata in assenza degli estratti conto ordinari (foglio movimenti), essendo insufficienti allo scopo i soli estratti conto scalari.
La domanda di accertamento negativo del credito, che presuppone la verifica della insussistenza della causa debendi (nullità clausole contrattuali), è abitualmente strumentale alla domanda di ripetizione ex art. 2033 c.c.degli importi illegittimamente addebitati dalla banca ma può essere legittimamente avanzata anche autonomamente.
La domanda di accertamento dell’esatto saldo del conto corrente, riveniente dalla declaratoria di nullità (imprescrittibile ex art. 1422 c.c.) di una clausola contrattuale, persegue lo scopo di pervenire ad un ricalcolo dell’effettivo saldo, depurato dagli addebiti nulli (non è avanzata richiesta di restituzione di somme): secondo le circostanze, il ricalcolo conseguente allo storno dell’indebito potrà implicare 1) la riduzione dell’esposizione debitoria oppure 2) una maggior disponibilità di fido (se il conto corrente è affidato), o ancora 3) addirittura il passaggio a credito del saldo di conto corrente (ex multis Trib. Paola 10.2.2018: anche a c/c ancora aperto, il cliente ha comunque titolo e interesse a proporre azione di accertamento negativo, intesa a ottenere:
a) la dichiarazione di nullità delle clausole contrattuali (che prevedano, ad es., diversa periodicità di chiusura al fine di liquidare le competenze, l’applicazione di interessi eccedenti il tasso soglia, ecc.);
b) l’accertamento delle somme addebitate dalla banca (a titolo di interesse, commissione e spesa) in base alla clausola nulla o comunque in difetto di una conforme previsione contrattuale;
c) infine, lo storno dell’annotazione indebita, col conseguente ricalcolo dei rapporti di dare-avere).
La domanda di accertamento negativo del credito è autonomamente esperibile anche se il rapporto di conto corrente è ancora in corso, poiché quando il conto corrente è aperto l’interesse del cliente trova normale soddisfazione nel ricalcolo dell’effettivo saldo, depurato degli addebiti nulli e quindi per tali motivi la domanda di nullità può essere sempre proposta (Trib. Torino 3.11.2016; Trib. Trani 18.11.2016; Trib. Monza 14.3.2017; Trib. Nocera Inf. 18.9.2017; Trib. Roma 6.12.2017; App. Milano 20.7.2017; App. Milano 19.9.2017; Trib. Vicenza 24.1.2017; Trib. Padova 23.1.2018; Trib. Paola 10.2.2018; Trib. Verona 4.10.2018), pur in mancanza di una collegata azione di ripetizione (Cass. Civ. n. 21646/2018; Trib. Taranto 15.4.2015; Trib. Monza 14.3.2017; Trib. Padova 23.1.2018; Trib. Paola 10.2.2018; App. Milano 1.3.2018). Le domande di nullità (così come quelle di accertamento degli addebiti illegittimi perché non concordati e di accertamento del saldo seppur non finale) prescindono, infatti, dalla chiusura del rapporto al momento della proposizione in quanto permane il concreto interesse del correntista alla dichiarazione delle invalidità contrattuali e degli addebiti comunque illegittimi, al fine di permettere lo svolgimento del rapporto secondo legge.
Dello stesso tenore sono le conclusioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il correntista ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l’esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l’entità del saldo (parziale) ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo. Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell’affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito). Sotto questi tre profili la domanda di accertamento prospetta, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice (nei termini Cass. Civ. n. 21646/2018; conf. Cass. Civ. n. 5919/2016; Cass. Civ., Sez. Un., 2.12.2010, n. 24418; Cass. Civ. 15.1.2013, n. 798).
Parte della giurisprudenza ha escluso la permanenza di un interesse dell’attore all’accertamento e alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali quando risulti inammissibile l’azione di ripetizione dell’indebito (petitum restituzione delle somme illegittimamente addebitate dalla banca ex art. 2033 c.c.) (Cass. Civ. n. 5575/2003: in materia contrattuale, deve escludersi la permanenza di un interesse all’accertamento e alla declaratoria della nullità del contratto quando risulti ormai prescritta l’azione di ripetizione della prestazione in base ad esso effettuata; Trib. Cagliari 11.1.2017; App. Torino 21.4.2017; Trib. Trani 24.7.2017; Trib. Asti 1.8.2017; Trib. Bergamo 3.3.2017; Trib. Santa Maria Capua Vetere 20.2.2018; Trib. Parma 22.2.2018).
La decisione in commento si colloca nell'alveo dell'elaborazione giurisprudenziale sopra delineata (ammissibilità dell'azione di mero accertamento del saldo del c/c ancora aperto purché l'attore vi abbia interesse), operando, altresì, la condivisibile precisazione che «l'allegazione e prova di rimesse solutorie non è dirimente come causa petendi dell'azione di accertamento negativo su c/c ancora aperto».
Riguardo alla nota distinzione tra rimesse ripristinatorie e solutorie, come risaputo, se pendente l’apertura di credito, il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, è indubbio che non vi sia stato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto, egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso, invece, che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto “scoperto” (cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento) e non, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto (Cass. Civ. Sez. Un., n. 24418/2010; conf., tra le altre, Cass. Civ. n. 28819/2017).
In punto di prescrizione e di distinzione tra atti di pagamento ed atti ripristinatori della provvista, il giudice torinese rileva che la disponibilità dei soli riassunti scalari, dai quali risultano i soli saldi giornalieri ordinati per data valuta, risulta insufficiente a verificare «secondo il criterio della data di disponibilità delle singole operazioni, l’esistenza di uno scoperto di conto e l’idoneità della rimessa in conto a ridurre e-o estinguere l’anzidetto scoperto, e la necessità invece di esaminare la movimentazione del c/c quale risultante dal c.d. foglio movimenti, dove le operazioni sono classificate per tipo, data contabile e data valuta»; da ciò ne consegue che l’eccezione di prescrizione non può essere esaminata in assenza degli estratti conto ordinari (foglio movimenti), essendo insufficienti allo scopo i soli estratti conto scalari.
Riguardo quest'ultimi, resta ferma, osserva ancora il Tribunale, la possibilità di procedere alle verifiche sugli addebiti di competenze operate dalla banca e all’eventuale rettifica del saldo, in quanto la verifica di legittimità degli addebiti in conto corrente, lo storno degli addebiti illegittimi perché operati in assenza di contratto o in base a una clausola invalida nonché il conseguente ricalcolo ricorsivo – trimestre per trimestre – delle competenze “legittime” non esige la produzione del c.d. foglio movimenti, visto che sulla base dei soli riassunti scalari e del riepilogo delle competenze è possibile operare le dovute rettifiche dei numeri debitori e delle liquidazioni nei trimestri successivi.
Tribunale di Torino, sentenza 14 giugno 2019