Npl, cartolarizzazioni e contenzioso concernente i crediti oggetto di cessione
Il problema degli npl Bancari ha assunto una dimensione notevole in Europa ed in particolare in Italia. Attualmente la strada principale da percorrere per lo smaltimento di questa enorme mole di crediti ammalorati è quella della cartolarizzazione, esterna alle banche o in House, ai sensi della legge 130/99, che offre agli investitori molteplici vantaggi in termini di celerità e sicurezza.
Ai sensi dell’art. 4 della predetta legge si applicano, infatti, alle cartolarizzazioni le disposizioni contenute nell'articolo 58, commi 2, 3 e 4, del testo unico bancario che recitano: “La banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'art. 1264 del codice civile.”
Questa disposizione, dunque, consente una notevole semplificazione dell’operazione in quanto prevede nei confronti dei debitori ceduti un’efficacia ex lege della cessione, in deroga all’art. 1264 c.c., dal momento della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Pertanto non occorre la notifica e l’accettazione della cessione da parte di tutti i debitori ceduti. Inoltre a decorrere da tale data tutte le garanzie si trasferiscono al cessionario senza la necessità di osservare le formalità richieste dalla legge per il trasferimento delle stesse. Quanto precede vale anche per i crediti fondiari che rientrano nel terzo comma del predetto art. 58:”Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti.”.Con il presente articolo si intende analizzare le problematiche che si pongono per il cessionario al momento dell’avvio delle azioni legali ovvero per il contenzioso già in corso.
CONTENZIOSO DA AVVIARE
Cause attive
Il cessionario, successivamente alla cessione, potrà avviare, in quanto titolare dei crediti e delle garanzie, cause, procedimenti giudiziari e esecutivi menzionando nell’atto introduttivo (citazione, ricorso ecc) l’atto di cessione dei crediti (che rappresenta il titolo traslativo dei crediti azionati) ed allegando fotocopia dell’estratto della Gazzetta Ufficiale che riporta la pubblicazione dell’avviso della cessione ex art. 58 T.U.B.
In tali casi il cessionario potrebbe trovarsi di fronte a contestazioni in ordine alla titolarità dei diritti azionati, in quanto sorti in capo ad altro soggetto. Legittimati ad eccepire la carenza di legittimazione attiva sono il debitore ed il cedente ma, in forza della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 16 febbraio 2016, n. 2951 , la stessa può essere rilevata, d’ufficio, dal Giudice. Tale sentenza, peraltro, ha posto fine ad un contrasto giurisprudenziale che ha visto contrapporsi nel corso degli anni, da una parte, l’orientamento minoritario, secondo cui la titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio costituisce una mera difesa, dall’altra, la tesi maggioritaria la quale afferma, invece, che la predetta titolarità costituisce un’eccezione in senso stretto, che deve essere introdotta nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte, con l’ulteriore conseguenza che spetta alla parte che prospetta tale eccezione l’onere di provare la propria affermazione.
La suprema Corte ha fatto proprio l’orientamento minoritario statuendo che “La legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Cosa diversa dalla titolarità del diritto ad agire è la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio. La relativa questione attiene al merito della causa“.
In conclusione, quindi, le contestazioni sulla legittimazione e/o titolarità del diritto ad agire possono essere sollevate dalle parti (debitore o cedente) o rilevata dal Giudice, d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.
Per superare tale contestazione non basta, ovviamente, aver menzionato nell’atto introduttivo l’atto di cessione dei crediti ma occorrerà anche produrlo in fotocopia o, in caso di contestazione ex art. 2719 c.c., in copia autentica notarile, unitamente ad una certificazione del notaio rogante dell’atto di cessione che attesti che il credito azionato sia compreso tra quelli oggetto della cessione.
Cause passive
A seguito di una operazione di cartolarizzazione dei crediti la sola legittimata passiva e la cessionaria che succede a titolo particolare in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già di titolarità della società cedente. Ne consegue che, come peraltro affermato da buona parte della giurisprudenza di merito, devono essere rigettate le domande formulate nei confronti della banca cedente per carenza di legittimazione passiva e ciò in quanto, come peraltro detto in premessa, la notizia dell’avvenuta cessione avviene mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, e tale adempimento produce ex lege gli effetti indicati nell’art. 1264 c.c. nei confronti dei debitori ceduti, rendendo irrilevante l’accettazione o la notifica singolare dal momento che, dalla data della pubblicazione, la cessione si intende notificata ai debitori con tutte le conseguenze giuridiche proprie.
Sarà onere del debitore ceduto, quindi, citare in giudizio il cessionario.
CONTENZIOSO IN CORSO
La norma da applicare è l’art. 111 cpc che statuisce:
“Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie” e questo al fine di evitare l'inconveniente di mettere ciascuna delle parti in condizione di poter costringere l'altra a subire il continuo cambiamento del suo contraddittore. La successione a titolo particolare nella titolarità del diritto controverso ha un’incidenza specifica sullo svolgimento del processo solo se avviene “mortis causa”, perché in tal caso la prosecuzione è possibile solo nei confronti del successore; in mancanza il processo è interrotto.
Ai sensi del III comma poi “in ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso.”
Quindi mentre l’intervento o la chiamata in causa del successore a titolo particolare è facoltativa, l’estromissione del cedente non è automatica in quanto condizionata al consenso delle controparti. Pertanto se detto consenso non fosse prestato la società cedente resterebbe come parte necessaria del processo fino al giudicato.
In ogni caso la cedente, sostituto processuale del diritto ceduto, sarebbe munita di pieni poteri, cioè potrebbe compiere e contro di essa potrebbero essere compiuti tutti gli atti che si potrebbero fare se essa fosse rimasta l’effettiva titolare del diritto.
Alla luce di questa norma si possono adottare i seguenti comportamenti processuali:
Cause attive, nelle quali la cedente riveste la posizione processuale di attrice, appellante o opponente.
La cessionaria dovrà intervenire:
inserendo nelle premesse di fatto della comparsa le dichiarazioni relative al contratto di cessione;
richiamando e facendo proprie le precedenti difese e domande della cedente e inserendo le nuove deduzioni e richieste del caso;
richiedendo l’estromissione del cedente e che la pronuncia della sentenza sia direttamente a favore della cessionaria e questo a prescindere dall’assenza del consenso delle controparti all’estromissione della cedente. La titolarità del diritto sostanziale controverso infatti può mutare in corso di causa e il Giudice non può non tenerne conto al momento della decisione. Ovviamente occorrerà produrre copia dell’estratto della Gazzette Ufficiale riportante la pubblicazione dell’avviso della cessione.
Cause passive, nelle quali la cedente riveste la posizione processuale di convenuta, appellata o opposta
La cessionaria dovrà intervenire:
inserendo nelle premesse di fatto della comparsa le dichiarazioni relative al contratto di cessione;
richiamando e facendo proprie le precedenti difese e domande della cedente e inserendo le nuove deduzioni e richieste del caso;
richiedendo l’estromissione del cedente. Ovviamente occorrerà produrre copia dell’estratto della Gazzette Ufficiale riportante la pubblicazione dell’avviso della cessione.
Se dovesse mancare l’assenso all’estromissione del cedente la sentenza pronunciata contro l'originaria parte processuale spiega i suoi effetti anche nei confronti del successore a titolo particolare che abbia partecipato al processo.
Tempo dell’intervento
L’intervento del cessionario potrà avvenire:
in primo grado non oltre l’udienza di precisazione delle conclusioni e questo perchè, secondo l'opinione prevalente in dottrina, l'intervento del successore a titolo particolare non appare riconducibile alle ipotesi di intervento volontario (art.105), trattandosi di fattispecie “sui generis” dal momento che il terzo interviene in un giudizio in cui è titolare del diritto sostanziale controverso e al fine di condizionare una decisione che produrrà tutti i suoi effetti nei suoi confronti;
in appello e in sede di mero rinvio, non essendo equiparato all’intervento ex art. 105 cpc.
Secondo giurisprudenza anche delle Sezioni unite (Sez. Unite, Sentenza 29/04/2005 n. 8882) tale intervento non può avvenire in Cassazione, in quanto mero giudizio di legittimità. Si segnala però la recente decisione della terza sezione civile della Suprema Corte del 22/6/2017 n.15622 di senso opposto che ha statuito:“il cessionario ha la facoltà di intervenire, ai sensi dell'art. 111, quarto comma, cod. proc. civ., nel giudizio di cassazione pur non avendo spiegato intervento in primo grado, e pur essendo subentrato nella titolarità del diritto controverso prima che l'opposizione fosse proposta”.
Sentenza in tutto o in parte sfavorevole nei confronti del successore e impugnazione della stessa
Ai sensi dell’art. 111 cpc la sentenza pronunciata contro il cedente spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, quantunque non intervenuto. La legittimazione ad impugnare la sentenza, quindi, prescinde dall'intervento in giudizio del successore a titolo particolare che, anzi, gode di un termine autonomo di impugnativa, non subendo la decadenza conseguente alla notifica della sentenza al suo dante causa.
Nel giudizio di appello il cedente dovrà chiedere:
che, in riforma della sentenza, tutte le domande del primo grado siano accolte, in suo favore;
l’estromissione del cedente.
Con l’impugnazione il cedente dovrà ovviamente produrre tutti i documenti comprovanti la sua qualità e quindi:
estratto della Gazzetta Ufficiale contenente la notizia della cessione;
atto di cessione;
certificazione notarile attestante che il credito in esame è compreso tra quelli oggetto della cessione.
Sentenza pronunciata a favore della cedente
E’ pacifico che ai sensi dell’art. 111 cpc 4° comma anche la sentenza emessa a favore del cedente è efficace nei confronti del successore a titolo particolare anche se non intervenuto nel processo (l’espressione “contro” non deve essere intesa in senso letterale, come cioè se solo la sentenza sfavorevole abbia effetti per il successore). Infatti il cessionario di un credito, il cui diritto sia stato riconosciuto con sentenza nei confronti del cedente, e che sia rimasto estraneo al processo relativo a tale accertamento, può utilizzare come titolo esecutivo la sentenza favorevole al suo dante causa (Cass. n. 3998 23/2/2006 che richiama e conferma Cass. 17 ottobre 1994 n. 8459), ma non potrà avvalersi dello stesso titolo nella parte in cui il provvedimento reca condanna alle spese della controparte rimasta soccombente che spetteranno, invece, solo al suo dante causa che le ha effettivamente sostenute (Cass. 31 ottobre 2005 n. 21107).
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PROCESSO ESECUTIVO
Espropriazione in corso
in diritto è orientamento giurisprudenziale risalente nel tempo, mai smentito dalla Cassazione, quello secondo cui in pendenza del processo esecutivo la successione a titolo particolare nel diritto del creditore procedente non ha effetto sul rapporto processuale che, in virtù del principio stabilito dall’art. 111 cpc, dettato per il giudizio contenzioso ma applicabile anche al processo esecutivo, continua tra le parti originarie con la conseguenza che l’alienante mantiene la sua legittimazione attiva (Cass. 9727/95; Cass. 4985/04; Cass. 140096/05 e da ultimo Cass. 15622/2017). Ne consegue che il processo esecutivo non si interrompe per l’avvenuta cessione ed il successore può intervenire in qualsiasi momento senza particolari formalità chiedendo che l’esecuzione prosegua a suo favore con l’estromissione del cedente.
Espropriazione da avviare in forza di sentenza favorevole
Se il cessionario è intervenuto nel processo ed ha chiesto ed ottenuto che la pronuncia della sentenza sia a suo favore, potrà notificare il precetto direttamente a suo nome e ciò a prescindere dall’assenza del consenso delle controparti all’estromissione della cedente.
Se invece non vi è stato intervento e la sentenza è stata pronunciata in favore della cedente si hanno due ipotesi:
1-sentenza non ancora munita della formula esecutiva
Il cessionario dovrà chiederne la spedizione in forma esecutiva in suo favore in forza del combinato disposto degli artt. 475 II comma cpc, 111 ultimo comma cpc e art. 58 tub esibendo al cancelliere fotocopia dell’estratto della Gazzetta Ufficiale riportante la pubblicazione dell’avviso della cessione e, se del caso, fotocopia dell’atto di cessione e la certificazione notarile attestante che il credito è compreso tra quelli oggetto di cessione.
2-sentenza già spedita in forma esecutiva in favore della cedente
Il cessionario potrà comunque utilizzare, come titolo esecutivo contro il soccombente, la sentenza favorevole al suo dante causa (Cass. n. 3998 23/2/2006 che richiama e conferma Cass. 17 ottobre 1994 n. 8459). In tale ultimo caso sarà bene ricordare nelle premesse del precetto che la sentenza spiega effetto anche nei confronti del successore a titolo particolare ai sensi dell’art. 111 ultimo comma cpc.
FALLIMENTO
Cessione prima del fallimento del debitore ceduto
La domanda di insinuazione al passivo può essere proposta dal cessionario che dovrà allegare alla stessa i documenti comprovanti la sua qualità e quindi:
estratto della Gazzetta Ufficiale contenente la notizia della cessione;
e se richiesto dal curatore:
copia atto di cessione;
certificazione notarile attestante che il credito in esame è compreso tra quelli oggetto della cessione.
Cessione successiva al fallimento del debitore ceduto e credito già insinuato dalla cedente
Prima della riforma della legge fallimentare del 2006 la Suprema Corte, nel silenzio della legge, riteneva che il cessionario di un credito già ammesso al passivo fallimentare potesse “far valere il suo credito nei confronti del fallimento stesso solo attraverso una insinuazione tardiva, ai sensi dell'art. 101 l.f.”, non essendo sufficiente la mera notificazione e dovendosi provvedere al controllo, da parte del giudice fallimentare, dell'effettività della cessione e dell'insussistenza di cause preclusive del credito in relazione al suo nuovo titolare.”
Con la riforma del 2006 è stato aggiunto il seguente periodo all’art. 115 l.f.: “se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l'intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettifica formale dello stato passivo.”
Ora quindi è sufficiente l’invio di una lettera al Curatore, accompagnata da documentazione che attesti l’avvenuta cessione (nel caso che ci occupa estratto della Gazzetta Ufficiale contenente la notizia della cessione) con sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, senza alcun intervento né vaglio da parte del Giudice Delegato, con un notevole risparmio a accorciamento dei tempi della procedura.