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Assegno di divorzio: le precisazioni della Cassazione

Dopo la sentenza del 2017 e la SU del 2018 la Cassazione riepiloga quali sono i criteri che deve seguire il giudice per riconoscere l'assegno divorzile

- La Cassazione n. 21228/2019 (sotto allegata) accoglie solo il primo motivo del ricorso presentato da un coniuge obbligato a pagare alla ex moglie un assegno divorzile di 300 euro. Il ricorso offre alla Suprema Corte l'occasione per ribadire e precisare alcuni dei criteri fissati dalla nota sentenza del 2017 e dalla SU del 2018 per il riconoscimento e la commisurazione dell'assegno di divorzio.

  1. La vicenda processuale

  2. I criteri per la determinazione dell'assegno divorzile

  3. Il principio di diritto

La vicenda processuale


Il giudice di secondo grado respinge l'appello avverso una sentenza del tribunale che dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio e la disposizione, a carico di uno dei coniugi, di un assegno divorzile di euro 300. La Corte d'appello, nel confermare quanto deciso in primo grado osserva che:


  • durante il matrimonio la coppia godeva di un buon tenore di vita grazie al patrimonio immobiliare di cui disponeva, allo stipendio del marito, Ufficiale della Guardia di Finanza e alle entrate della moglie che, nei primi anni del matrimonio aveva svolto attività di parrucchiera, per poi dedicarsi solo alla famiglia;

  • si doveva accertare se la moglie potesse mantenere lo stesso tenore con i mezzi attuali e potenziali;

  • la donna non aveva oneri locativi da sostenere perché proprietaria di diverse unità immobiliari e poiché svolgeva attività di parrucchiera presso il proprio e il domicilio delle clienti;

  • i guadagni derivati da tale attività dovevano tuttavia dovevano considerarsi modesti, per cui la donna non poteva mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, ragione per la quale aveva diritto all'assegno divorzile;

  • il marito doveva mantenere il figlio nato da una nuova relazione.


Il soggetto obbligato ricorre in Cassazione, ma questa con ordinanza rinvia la causa in pubblica udienza per verificare la compatibilità della sentenza con i criteri fissati dalla SU n. 18287/2018 per la quale, la funzione riequilibratrice dell'assegno non deve ripristinare il tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma è finalizzata a riconoscere il contributo apportato dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio comune e personale dei coniugi.

I criteri per la determinazione dell'assegno divorzile


Gli Ermellini con sentenza n. 21228/2019 accolgono solo in parte il ricorso, ricordando come la Cassazione n. 11504/2017 abbia abbandonato il criterio del tenore di vita ai fini della commisurazione dell'assegno divorzile spettante al coniuge più debole, per introdurre quello dell'autosufficienza del richiedente.

La SU del 2018 ha poi integrato i principi formulati dalla sentenza del 2017 con ulteriori criteri di cui il giudice deve tenere conto nel riconoscere e commisurare l'entità dell'assegno divorzile, che conserva la sua funzione assistenziale, mentre in altri svolge un ruolo compensativo-perequativo.

Ne consegue che, per la Cassazione, nell'esaminare la domanda di assegno il giudice deve valutare:


  • se dopo il divorzio si è creata una situazione di "rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale";

  • se, rilevata una situazione di disparità, il soggetto più debole versi in uno stato di non autosufficienza che non deve essere parametrata alla mera sussistenza, ma che deve tenere conto della situazione e del contesto in cui vive il richiedente;

  • se la condizione di rilevante disparità non sia il frutto di decisioni endo familiari, di modo che alla fine del matrimonio uno dei due si potrebbe trovare in una situazione diversa da quella a cui avrebbe potuto ambire;

  • come irrilevante lo squilibrio economico derivante dalla maggiore attitudine di uno due coniugi a produrre maggiore ricchezza;

  • la durata del matrimonio, l'età del soggetto richiedente, il contributo alla formazione del patrimonio familiare e coniugale al fine di riconoscere all'assegno la sua funzione riequilibratrice, che deve mirare a mettere il coniuge debole nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato se non avesse affrontato il sacrificio che gli è stato richiesto.

  • Altro elemento da considerare il regime patrimoniale scelto dai coniugi, che da solo potrebbe compensare la posizione di svantaggio del coniuge richiedente.

  • Senza dimenticare, nell'accordare l'assegno divorzile, la formazione di una nuova famiglia da parte di uno o di entrambi.


Il principio di diritto


"In definitiva il giudice deve quantificare l'assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita famigliare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l'indipendenza economica del coniuge non autosufficiente, intendendo l'autosufficienza in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza, ed inoltre, ove ne ricorrano i presupposti, a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato, in funzione di contribuzione ai bisogni della famiglia, a realistiche occasioni professionali-reddituali, attuali o potenziali, rimanendo in ciò assorbito, in tal caso, l'eventuale profilo assistenziale."

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