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Retratto successorio: come si esercita?










Il diritto potestativo di riscatto nei confronti dell’acquirente di quota ereditaria, previsto dall’art. 732 c.c. in favore dei coeredi, viene ad esistenza solamente attraverso la manifestazione di volontà che può essere espressa pure con l’atto introduttivo del giudizio, sempre che tale manifestazione sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sottoscrizione di tale atto, ovvero col conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere anche quella apposta a margine dell’atto o in calce allo stesso. Per l’effetto, non ha rilevanza, in senso contrario, la circostanza che la procura speciale sia stata conferita, con lo stesso atto, e solo incidentalmente, per l’esercizio del retratto stesso. Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. II, sentenza 28 maggio 2019, n. 14515.


La vicenda

Il Tribunale accoglieva la domanda di retratto successorio proposta da una donna, ai sensi dell’art. 732 c.c., con riferimento alla cessione della quota di un quarto di alcuni beni immobili relitti, ad opera di un altro erede e, per l’effetto, dichiarava inefficaci gli atti di trasferimento posti in essere da quest’ultimo in favore di un terzo e, ulteriormente, i successivi atti di trasferimento. Interposto gravame, la Corte di appello accoglieva solo parzialmente l’impugnazione, così rigettando la domanda proposta dall’originaria attrice. Detta Corte rilevava che agli atti difettava la formale dichiarazione della parte consistente nel voler acquistare la quota alienata dal coerede, che costituisce il presupposto del diritto esercitato. Dichiarazione che, qualora posta in essere, per la prima volta, per il tramite dell’atto di citazione, deve provenire dalla parte personalmente, non potendo essere resa dal difensore nel caso in cui la procura alle liti non contenga il mandato all’esercizio del diritto di retratto. L’attrice ricorre per la cassazione della pronuncia. La sentenza viene annullata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte territoriale, che dovrà tener conto del principio fissato dal giudice di legittimità.

La dichiarazione di esercitare il retratto

La donna denunzia la violazione dell’art. 732 c.c., asserendo l’erroneità del verdetto della Corte territoriale, per avere ritenuto che la dichiarazione richiesta dalla medesima norma, che pure era stata pienamente formulata nell’atto introduttivo, non fosse riconducibile alla parte, pur in presenza della procura alle liti apposta a margine dell’atto introduttivo, e ciò in opposizione all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che, in tal caso, ritiene speciale la procura e, per l’effetto, riferibile alla parte personalmente la dichiarazione contenuta nell’atto di citazione. Più in particolare la Corte di appello aveva motivato il rigetto rilevando che la procura alle liti apposta a margine, o in calce, dell’atto di citazione, nel caso in cui, come risulta pacifico nella fattispecie de qua, esso non sia sottoscritto personalmente dalla parte, non consente la riconducibilità della dichiarazione ivi contenuta, formulata per la prima volta, di voler riscattare il bene venduto ad un terzo da un altro coerede, ai sensi dell’art. 732 c.c., qualora nella procura stessa non risulti anche contenuto il mandato al difensore ad esercitare il retratto, vale a dire a rendere, per conto del proprio assistito, la dichiarazione di volontà in questione.

La natura della dichiarazione ex art. 732 c.c.

Il collegio di legittimità aderisce alla tesi difensiva esposta dalla ricorrente, secondo cui la statuizione della Corte territoriale si pone in contrasto con l’orientamento consolidato di legittimità, secondo il quale, sia nella materia del retratto successorio, che in quella affine dei riscatti agrario e locatizio, la dichiarazione unilaterale recettizia di natura negoziale, che esprime la volontà di esercitare il diritto potestativo di riscatto verso l’acquirente di quota ereditaria, previsto dall’art. 732 c.c. in favore dei coeredi, può essere espressa pure con l’atto introduttivo del giudizio, ed è in esso validamente manifestata, quando sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sottoscrizione di tale atto, ovvero il conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere pure quella apposta a margine dell’atto o in calce allo stesso, dal momento che in tal caso, per effetto di siffatta procura, l’atto introduttivo del giudizio risulta direttamente riferibile alla parte, finanche nel punto ove contenga la manifestazione di volontà negoziale in questione (Corte di Cassazione n. 8264 del 2014, n. 9744 del 2010, n. 20944 del 2006, n. 6465 del 1996).

L’equivoco del giudice di merito

Il collegio evidenzia che, seppur la Corte territoriale avesse richiamato in modo corretto il precitato orientamento giurisprudenziale (Corte di Cassazione, n. 20948 del 2006, nonché n. 6793 del 1987) ne ha equivocato il contenuto, nella parte in cui ha riferito la necessità della presenza della dichiarazione nel mandato al difensore, in luogo che nell’atto di citazione.

Riferimenti normativi:

art. 732 c.c.


Cassazione civile, sez. II, sentenza 28 maggio 2019, n. 14515

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