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Codice della crisi d’impresa: la ristrutturazione dei debiti del consumatore









Il Codice della crisi (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) disciplina un’apposita procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, in continuità con l’art. 12-bis L. 27 gennaio 2012, n. 3, apportando alcune importanti novità in materia di misure protettive, di contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio e di mutui ipotecari. Le cause del sovraindebitamento del consumatore assumono rilievo non solo nella prospettiva dell’eventuale colpevolezza di quest’ultimo, ma anche in quella della valutazione del merito creditizio.


La ristrutturazione dei debiti del consumatore

Tra poco più di un anno (15 agosto 2020) entrerà in vigore il Codice della Crisi e dell’insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). Il legislatore delegato ha confermato la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, apportando, tuttavia, significative modifiche al modello disciplinato nell’art. 12-bis L. 27 gennaio 2012, n. 3.

In continuità con la definizione di consumatore data dall’art. 6, comma 2, lett. b) L. n. 3/2012, l’art. 2 lett. e) CCII definisce come consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una società in nome collettivo, o socio accomandatario di una società in accomandita semplice o in accomandita per azioni, purché si tratti, di debiti estranei a quelli sociali [sui profili di criticità di tale scelta, v. R. Brogi, Codice della crisi d’impresa: requisiti oggettivi e soggettivi del sovraindebitamento, in questa Rivista, 8/3/2019].

Il modello di riferimento della procedura ridenominata da piano del consumatore (art. 12-bis L. n. 3/2012) in ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67 ss. CCII) rimane il concordato coattivo. La proposta del debitore non viene, infatti, votata dai creditori ed è omologata dal giudice anche in presenza di opposizioni sempreché il giudice ritenga che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria (art. 70, comma 9, CCII).

In corrispondenza con l’ampliamento dei poteri pubblicistici di controllo giudiziale - che costituisce uno dei leit motiv della riforma – la valutazione del giudice riguarderà non solo l’ammissibilità giuridica, ma anche la fattibilità economica del piano (art. 70, comma 7, CCII). È altresì rimessa al giudice la valutazione circa la concessione e la revoca delle misure protettive (quest’ultima anche d’ufficio in caso di atti di frode, previa instaurazione del contraddittorio, salvi i casi di manifesta inammissibilità o infondatezza dell’istanza di revoca). Le misure protettive potranno riguardare sia la sospensione di procedimenti di esecuzione forzata che possano pregiudicare la fattibilità del piano, sia l’inibitoria circa le azioni esecutive e cautelari, così come ogni altra misura idonea a conservare l’integrità del patrimonio (art. 70, commi 4 e 5, CCII). Il rigetto dell’omologazione del piano di ristrutturazione comporta la declaratoria di inefficacia delle misure protettive accordate. Su istanza del debitore (o in caso di frode anche di un creditore o del P.M.) può essere aperta la procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.

È bene precisare che il richiamo dell’art. 65, comma 2, CCII alle disposizioni del titolo III implica il richiamo – non essendoci alcun motivo di incompatibilità – alla disposizione contenuta nell’art. 46, comma 5, CCII circa l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni. Sebbene la norma individui il dies a quo nella pubblicazione della domanda del registro delle imprese deve ritenersi che per il consumatore debba essere presa in considerazione la data del deposito della domanda, con una soluzione interpretativa che può essere impiegata anche per il sovraindebitato non imprenditore e non consumatore che chieda di accedere al cd. concordato minore. Sarebbe, infatti, distonica in termini sistematici, un’interpretazione che escludesse l’applicazione dell’art. 46, comma 5, CCII alle procedure di sovraindebitamento per il solo fatto del riferimento al regime pubblicitario proprio delle imprese, considerata la ratio di tutela della par condicio creditorum che connota tale previsione. È comunque opportuno un intervento del legislatore che chiarisse il termine di decorrenza dell’art. 46, comma 5, CCII per i soggetti non imprenditori [su tale questione, assai complessa, si rinvia a R. Brogi, Codice della crisi d’impresa: una prima lettura delle questioni procedurali nel sovraindebitamento, in questa Rivista, 11 aprile 2019].

Il piano ha contenuto libero e può prevedere il pagamento, anche parziale dei crediti in qualsiasi forma. I crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono essere soddisfatti non integralmente, sempreché, sulla base dell’attestazione dell’OCC, ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, tenendo conto del valore di mercato dei beni o dei diritti oggetto di prelazione (art. 67, comma 4, CCII).

Quanto ai contenuti oggettivi del piano di ristrutturazione sono di rilievo le novità relative ai contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno (in quest’ultimo caso salvo quanto previsto nell’art. 67, comma 4, CCII). Il legislatore della riforma, superando un contrasto interpretativo emerso nella giurisprudenza di merito, ammette la possibilità di falcidiare e ristrutturare anche tali debiti, rendendo pertanto la cessione dei crediti futuri non opponibile alla procedura, ancorché anteriore a quest’ultima (art. 67, comma 3, CCII).

Altra novità di rilievo riguarda i contratti con mutuo garantito da ipoteca sull’abitazione principale del debitore: la proposta può prevedere il rimborso delle rate, secondo le scadenze convenute, se il debitore, alla data di deposito della domanda ha adempiuto alle proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data (art. 67, comma 5, CCII). Quest’ultima previsione costituisce una novità aggiunta in esito alla trasmissione alle Camere del testo del Codice della Crisi approvato dal Consiglio dei Ministri in data 8 novembre 2018. La disposizione deve essere coordinata – per i contratti stipulati dopo il 1° luglio 2016, data di entrata in vigore del D.lgs. 21 aprile 2016, n. 72 - con quanto previsto nell’art. 120-quinquiesdecies, comma 3, D. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (cd. T.U.B). La norma prevede che: “Fermo quanto previsto dall’articolo 2744 del codice civile, le parti possono convenire, con clausola espressa, al momento della conclusione del contratto di credito, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo. Se il valore dell’immobile come stimato dal perito ovvero l’ammontare dei proventi della vendita è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all’eccedenza.” Ciò significa che il consumatore può pattuire che l’attribuzione della facoltà di vendita del bene al finanziatore determini l’estinzione dell’intero debito (anche nel caso in cui il ricavato sia inferiore all’importo residuo di quest’ultimo) e salvo comunque il diritto di attribuzione al consumatore dell’eccedenza del prezzo rispetto al debito da saldare. In sostanza, la normativa speciale in materia di credito immobiliare ai consumatori prevede già un’ipotesi di ristrutturazione del debito contratto per l’acquisto di immobili residenziali, in cui la dismissione del bene è fatta dallo stesso soggetto finanziatore.

La questione ermeneutica principale che verrà in rilievo è relativa al coordinamento tra l’art. 120-quinquiesdecies T.U.B. e l’art. 67, comma 5, CCII nell’ipotesi di mutuo garantito da ipoteca per l’acquisto della casa principale. A tal fine occorre evidenziare che, per l’applicazione dell’art. 120-quinquiesdecies, comma 3, T.U.B., è necessario un inadempimento qualificato, cioè il mancato pagamento di diciotto rate mensili. Ne consegue che il consumatore nell’arco di tale periodo può procedere ad una ristrutturazione del debito mediante la procedura disciplinata dall’art. 67 ss. CCII, ottenendo dal giudice l’autorizzazione alla restituzione del debito per capitale ed interessi (scaduto alla data della domanda) e la prosecuzione della restituzione rateizzata del finanziamento. L’eventuale intervento di un terzo (es. familiare) che aiutasse il debitore al pagamento del debito scaduto per interessi e capitale (anche nell’ipotesi in cui fosse superata la fatidica soglia delle diciotto rate mensili impagate) potrebbe consentire la prosecuzione della restituzione rateizzata del finanziamento, ai sensi dell’art. 67, comma 5, CCII. Diversamente, nell’ipotesi in cui le rate mensili non pagate diventassero superiori a diciotto e il piano non prevedesse le risorse necessarie per il pagamento integrale del debito scaduto e degli interessi non sembrerebbero esserci margini interpretativi per ritenere non opponibile alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore il patto previsto nell’art. 120-quinquiesdecies, comma 3, T.U.B.

Con riferimento all’elemento soggettivo il requisito della meritevolezza è stato ridefinito in senso più ampio e tenendo conto di una maggior responsabilizzazione dei soggetti erogatori del credito in ordine alla valutazione del merito creditizio.

Costituisce requisito ostativo all’ammissione alla procedura (oltre a quello di essere stato esdebitato negli ultimi cinque anni o di aver beneficiato per due volte dell’esdebitazione) l’aver determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, mala fede o frode. Il climax ascendente usato dal legislatore delegato nella parte finale dell’art. 69, comma 1, CCII vede quale punto di partenza la colpa grave, con la conseguenza che non è sufficiente ad escludere l’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore l’aver cagionato la situazione di sovraindebitamento solo colposamente (come attualmente previsto dall’art. 12-bis, comma 3, L. n. 3/2012).

Sul punto si possono fare, ad una prima lettura, due osservazioni.

La prima è che la formulazione per clausole generali usata dal legislatore delegato è abbastanza ampia da lasciare ampi spazi di manovra alla casistica giurisprudenziale.

La seconda è che la presenza di requisiti ostativi al piano di ristrutturazione del debitore abbinata alla clausola generale di esclusione dal concordato minore prevista nell’art. 74, comma 1, CCII farà sì che in caso di colpa grave del consumatore nella determinazione della situazione di sovraindebitamento l’unica alternativa possibile sarà quella della liquidazione controllata del sovraindebitato, con la prospettiva di poter accedere all’esdebitazione.

L’elemento soggettivo viene valutato dal legislatore delegato anche con riferimento al creditore: l’aver determinato colposamente la situazione di sovraindebiamento, l’aver aggravato tale situazione o la violazione dei principi dell’art. 124-bis T.U.B. priva il creditore della possibilità di presentare opposizione o reclamo in sede di omologa o di far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore (art. 69, comma 2, CCII). A tal proposito è parametro di riferimento l’indicazione che deve essere contenuta nella relazione dell’OCC prevista nell’art. 68 CCII. È infatti previsto che la valutazione del merito creditizio deve essere fatta, una volta dedotto l’importo necessario a mantenere un tenore di vita dignitoso. A tal fine è ritenuta idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 (art. 69, comma 3, CCII).

La valutazione del merito creditizio, diventa, quindi, elemento fondamentale ai fini della prevenzione della situazione di sovraindebitamento. Difatti, la figura del consumatore è estranea al sistema delle procedure di allerta, riservate dall’art. 12, comma 4, CCII solo agli imprenditori. Ne consegue che la prevenzione del sovraindebitamento, nel caso del consumatore, è di natura prospettica e ricollegata al momento del sorgere del credito, quando l’operatore finanziario deve valutare il merito creditizio sulla base di informazioni adeguate (art. 124-bis T.U.B.) e tenendo conto dei fattori pertinenti per verificare le prospettive di adempimento da parte del consumatore degli obblighi stabiliti dal contratto di credito (art. 120-undecies T.U.B., nella delicata materia del credito immobiliare al consumatore). Ciò è conseguenziale alla connotazione statica della situazione patrimoniale del consumatore, non ricollegata all’esercizio di un’attività di impresa o professionale. L’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni derivanti dal contratto di finanziamento determina di per sé una situazione di sovraindebitamento sin dalla stipulazione del contratto di credito. Ne consegue che solo nell’ipotesi in cui il sovraindebitamento sia riconducibile a sopravvenienze non prevedute o non prevedibili al momento della conclusione del contratto, il finanziatore andrà esente da addebiti sulla non corretta valutazione del merito creditizio.

L’art. 68, comma 3, T.U.B. non tiene, invece, conto degli obblighi precontrattuali stabiliti nell’art. 124 T.U.B. e, in particolare, di quelli informativi. A tal proposito, l’art. 124, comma 5, T.U.B. impone al finanziatore (o all’intermediario) di fornire chiarimenti adeguati al consumatore, in modo che quest’ultimo possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria, illustrando le caratteristiche essenziali dei prodotti proposti e gli effetti specifici che possono avere sul consumatore, incluse le conseguenze del mancato pagamento. Anche in materia di credito immobiliare ai consumatori l’art. 120-novies T.U.B. ribadisce la necessità di fornire al consumatore chiarimenti adeguati che possono metterlo in grado di valutare se il contratto di credito sia adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria. Nonostante si tratti di obblighi precontrattuali imposti al finanziatore, non è prevista nessuna norma sanzionatoria in relazione alla condotta inadempiente dell’intermediario agli obblighi informativi, con la conseguenza che vengono in rilievo le norme generali dell’art. 1337 c.c. in materia di responsabilità precontrattuale.

Il piano è omologato con sentenza, impugnabile ai sensi dell’art. 51 CCII e l’esecuzione del piano avviene sotto la vigilanza dell’OCC che risolve le eventuali difficoltà, rivolgendosi al giudice in caso di necessità.

Una delle novità della riforma è la rilevanza data all’elemento soggettivo anche nella fase successiva all’omologazione del piano del consumatore. È infatti prevista la revoca dell’omologazione, anche d’ufficio e non solo su istanza di un creditore o del P.M., nelle ipotesi in cui si rilevi che sia stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, oppure che sia stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo o che siano state dolosamente simulate attività inesistenti o commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (art. 72, comma 1, CCII), con obbligo dell’OCC di segnalare al giudice ogni fatto rilevante. È preclusa la domanda di revoca o l’iniziativa da parte del tribunale una volta che siano decorsi sei mesi dall’approvazione del rendiconto. Un’ulteriore ipotesi di revoca dell’omologazione è prevista in conseguenza del mancato adempimento degli atti necessari per l’esecuzione del piano nel termine stabilito dal giudice in caso di mancata approvazione del rendiconto presentato dall’OCC (art. 71, comma 3, CCII). Tale ipotesi di revoca si accompagna a quella stabilita per il caso di inadempimento degli obblighi previsti nel piano o nel caso di inattuabilità di quest’ultimo, senza che sia possibile modificarlo. In caso di revoca, su istanza del debitore o, in caso di frode, anche di un creditore o del P.M., il giudice dispone la conversione in liquidazione controllata (art. 73 CCII).

Riferimenti normativi:

D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14

art. 12-bis L. 27 gennaio 2012, n. 3

art. 46 CCII

art. 51 CCII

art. 65 CCII

art. 67 CCII

art. 69 CCII

art. 70 CCII

art. 72 CCII

art. 73 CCII

art. 68 T.U.B.

art. 120-quinquiesdecies T.U.B.

art. 120-novies T.U.B.

art. 124 T.U.B.

art. 124-bis T.U.B.

D.lgs. 21 aprile 2016, n. 72

D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159

art. 1337 c.c.


D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (G.U. n. 38 del 14-2-2019 - Suppl. Ordinario n. 6)

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