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Vendita forzata: se il bene non è del debitore, il processo esecutivo va dichiarato estinto










In tema di espropriazione forzata immobiliare, è doverosa la richiesta, da parte del giudice dell'esecuzione ai fini della vendita forzata, della certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato appaia di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d'idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto precedente al ventennio a decorrere dalla stessa. All'ordinanza di richiesta del primo atto di acquisto ultraventennale effettuata dal giudice dell'esecuzione si applica il regime degli artt. 484, 175, 152, 154, c.p.c., e alla mancata produzione del suddetto titolo, imputabile al soggetto richiesto, consegue la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo. E’ quanto si legge nella sentenza n. 15597 dell’11 giugno 2019 della Cassazione.



PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Conformi:

Cass. 27 gennaio 2017, n. 2043

Cass. 27 gennaio 2017, n. 2044

Difformi:

Non si rinvengono precedenti in termini


M. G. C. B. s.p.a., in nome e per conto di B. M. dei P. di S. s.p.a., proponeva reclamo ex art. 630, comma 2, c.p.c. avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione immobiliare intrapresa nei confronti di L. D. B. e M. N. B., aveva dichiarato l'estinzione della procedura coattiva medesima.

Il giudice dell'esecuzione aveva rilevato l'incompleta ricostruzione della provenienza di un diritto immobiliare staggito, per carenza della documentazione che certificasse compiutamente le trascrizioni oltre che iscrizioni a favore e contro A. V., dante causa dei danti causa degli esecutati.

Il tribunale rigettava il reclamo con pronuncia confermata dalla corte di appello.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione M.G.C.B. s.p.a.

Il Collegio, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto di non condividere l'opinione ai termini della quale la lettera della legge, per come modificata con il richiamo ai certificati delle iscrizioni e trascrizioni effettuate nei venti anni anteriori, sarebbe tale da indurre a ritenere sufficiente la certificazione ventennale, quale mero presupposto processuale di per sé solo idoneo a consentire di mettere in vendita i beni oggetto di pignoramento.

Atteso quanto ricostruito, risalire all'ultimo acquisto, idoneamente trascritto, anteriore al ventennio, a favore dell'esecutato o dei suoi danti causa, è la necessaria premessa per dare un grado di conducente attendibilità alle risultanze infraventennali cui, per sintesi legislativa, si è riferito il legislatore.

Per scelta sistematica l'ordinamento conforma l'acquisto a séguito di vendita forzata come acquisto a titolo derivativo e non a titolo originario; perimetra la tutela dell'aggiudicatario che subisce l'evizione, possibile anche ad opera dell'acquirente a titolo derivativo con trascrizione prioritaria, in modo diverso da quella che ordinariamente assegna al compratore, indicandola con la sola possibilità di «ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese» ovvero, nel caso in cui il ricavato della vendita sia stato già distribuito, di ripetere da ciascun creditore la parte di prezzo riscossa e dall'esecutato l'eventuale residuo; salva soltanto la possibilità di chiedere i danni e le spese al creditore procedente, se in colpa.

In questa cornice, risulterebbe inoltre irriducibilmente distonico che, nell'evoluzione della normativa inerente alle espropriazioni coattive, mirata a rendere il più affidabile e così appetibile possibile la vendita forzata e quindi il recupero e la stabilità del credito, il legislatore, con la modifica dell'art. 567 c.p.c., abbia invece indebolito lo "standard" di affidabilità e, quindi, di attrattività del bene trasferito in ottica di mercato, per di più trasferendo ogni rischio sull'acquirente con la sola garanzia per evizione, nonostante la maggior tutela possibile di quegli sia invece il motivo dominante delle riforme susseguitesi almeno dal 2005.

In termini di ragionevolezza logico-ricostruttiva del sistema prescrittivo, è necessario acquisire documentazione che consenta di risalire all'atto di acquisto anteriore al ventennio, in estrinsecazione dei consueti poteri ordinatori del giudice dell'esecuzione in merito alle verifiche preliminari all'accoglimento dell'istanza di vendita, ma non di quelli tipizzati dall'art. 567 c.p.c.; e tanto al fine di rilevare che:

- non vi sono incidenti trascrizioni opponibili contro il soggetto che, chiudendo l'anello sovrastante della catena, risulta aver acquistato il bene poi da lui trasferito, in ipotesi, senza relative trascrizioni contro in catena, fino al soggetto esecutato;

- quali siano, nel periodo di almeno venti anni in parola, le iscrizioni contro gli stessi soggetti via via succedutisi, relativamente al medesimo bene.

Sarà possibile raggiungere la conclusione in parola solo chiudendo la catena con l'individuazione dell'anello iniziale che permetta di offrire un attendibile indizio documentale riferito a un periodo di almeno venti anni, in tal senso dovendo qualificarsi l'esigenza imposta dalla legge.

Ciò non toglie che il giudice dell'esecuzione non accerta la proprietà del bene, sicché restano possibili evizioni; ma l'interpretazione prescelta è la sola che consente di limitare per quanto possibile tale rischio, sulla base di indici formali o presuntivi, ma pur sempre di apprezzabile intensità ed affidabilità.

Resta conclusivamente fermo che:


a) solo se il creditore non fornisca, neppure nel termine fissato ex art. 567, comma 3, cod. proc. civ., la certificazione del ventennio letteralmente richiamata, l'estinzione sarà tipica;

b) la mancata produzione del primo titolo di acquisto ultraventennale cui deve risalire la certificazione, oggetto di richiesta da iscrivere, di conseguenza, nel perimetro degli artt. 484 e 175, c.p.c., imporrà la chiusura anticipata del processo esecutivo, non essendo possibile porre in vendita il bene;

c) il regime del relativo termine fissato per l'acquisizione documentale indicata sub b) sarà quindi quello ordinatorio di cui agli artt. 152 e 154, c.p.c.

d) il creditore procedente potrà, come logico e in applicazione dei generali principi in tema di rimessione in termini in ipotesi di causa non imputabile, dimostrare l'impossibilità incolpevole della produzione della documentazione sub b) (si pensi allo smarrimento dei documenti fisici di conservatoria anteriori alla meccanizzazione). La ricostruzione effettuata sulla base dei dati positivi, letti secondo la loro collocazione sistematica e la loro finalità, assicura, bilanciando gli oneri dei creditori, un idoneo grado di affidabilità della vendita giudiziaria, e un adeguato contenimento, quale ragionevole da pretendere in sede esecutiva, delle possibilità di evizione.


Rende, inoltre, prevedibile, da parte del creditore procedente, l'onere cui si va a correlare, se inevaso, la chiusura anticipata della procedura espropriativa. E, trattandosi di chiusura anticipata ascritta a fatto del creditore e non di estinzione processuale, non opererà la previsione di cui all'art. 2945, comma 3, c.p.c., in tema di prescrizione.

Esito del ricorso

Rigetto

Riferimenti normativi

Art. 567 c.p.c.


Cassazione civile, sez. III, sentenza 11 giugno 2019, n. 15597

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