Fideiussione omnibus, modulistica ABI e normativa antitrust: una ricognizione giurisprudenziale
L'ordinanza n. 30818/2018 della Cassazione civile offre lo spunto per una essenziale ricognizione di posizioni giurisprudenziali intorno al tema delle fideiussioni omnibus prestate a garanzia delle operazioni bancarie conformi allo schema di contratto di fideiussione elaborato dall’ABI, come noto censurato da Bankitalia nel 2005 poiché in violazione della normativa antitrust.
La recente Cass. Civ. n. 30818/2018 offre lo spunto per una essenziale ricognizione di posizioni giurisprudenziali intorno al tema delle fideiussioni omnibus prestate a garanzia delle operazioni bancarie conformi allo schema di contratto di fideiussione elaborato dall’Associazione Bancaria Italiana.
Come noto, la Banca d'Italia (in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi) con il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 ha censurato i rischi di una applicazione in modo uniforme della modulistica ABI contenente previsioni (in particolare gli artt. 2, 6 e 8) del seguente tenore:
- clausola sopravvivenza: «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate»;
- clausole di reviviscenza: «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo»;
- rinuncia termini ex art. 1957 c.c.: «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato»).
Investita della questione, la Cassazione, con decisione n. 29810 del 2017, ha ricordato (richiamando Cass. Civ., Sez. Unite, n. 2207/2005) che la legge antitrust 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti.
I giudici di legittimità hanno altresì osservato che «siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990.
Tanto premesso, Cass. Civ. n. 29810/2017 ha enunciato il seguente principio di diritto: in tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dall'art. 2 della legge n. 287 del 1990, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza.
La giurisprudenza di legittimità è tornata altre due volte sull'argomento: in una occasione (Cass. Civ. n. 21542/2018), investita della problematica, ha rimesso la causa alla pubblica udienza «data l'oggettiva rilevanza della questione». Con l'ordinanza in commento, Cass. Civ. n. 30818/2018, avuto presente che il Provvedimento Bankitalia ha vietato l'uso uniforme - non già occasionale - dello schema di fideiussione suggerito dall'ABI, ha stabilito che la dimostrazione del carattere appunto uniforme (non meramente episodico) dell'applicazione delle clausole contestate, «in quanto elemento costitutivo del diritto vantato», poiché previsto nel provvedimento di Banca d'Italia, deve essere provato dall'attore, secondo la regola generale dell'art. 2697 c.c.
La giurisprudenza di merito sin qui ha assunto posizioni abbastanza variegate sul tema della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI censurato da Bankitalia.
Occorre, in primo luogo, dare evidenza alla circostanza che la questione dell'invalidità del contratto di fideiussione contenente clausole frutto di intese restrittive della concorrenza in violazione della L. n. 287/1990 è di competenza della sezione specializzata in materia di impresa (Trib. Verona 27.9.2018 e 1.10.2018; Trib. Rovigo 19.6.2018; Trib. Spoleto 21.8.2018; in argomento v. anche Trib. Brescia 22.10.2018).
Peraltro, è rilevato che la problematica non può essere sollevata per la prima volta nella comparsa conclusionale, avente notoriamente soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte e dunque non può contenere domande o eccezioni nuove che comportino un ampliamento del "thema decidendum" (Trib. Brescia 4.9.2018; Trib. Spoleto 21.8.2018). È stato escluso, altresì, che l'intervento della Cassazione n. 29810/2017, in relazione ai contratti di fideiussione contenenti clausole frutto di intese restrittive della concorrenza, possa costituire un “fatto estintivo o modificativo sopravvenuto” alla formazione del titolo giudiziale (nella fattispecie, decreto ingiuntivo), in quanto l’intervento ha valenza meramente ricognitiva del principio di diritto ivi statuito (Trib. Rovigo 19.6.2018).
Nel merito, la sentenza n. 29810/2017 della Cassazione (sulla invalidità delle fideiussioni conformi allo schema ABI) ha indotto a sospendere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto in relazione alla posizione dei fideiussori (Trib. Padova 5.6.2018) o a negare la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto ottenuto in forza di un contratto di fideiussione da reputarsi nullo (Trib. Roma 26.7.2018). La Corte di appello di Firenze (App. Firenze 18.7.2018) ha stabilito che la decisione della Cass. Civ. n. 29810/2017 impone un approfondito esame: su tale presupposto ha disposto, ex art. 351 c.p.c., la sospensione della esecutività della sentenza di primo grado sino alla decisione del grado di appello.
La radicale nullità del contratto di fideiussione è stata dichiarata da Trib. Salerno 23.8.2018, secondo cui la nullità delle clausole di sopravvivenza e di reviviscenza della fideiussione nonché di rinuncia termini ex art. 1957 c.c. si riverberano sull'intero contratto di fideiussione. Ciò per due ordine di motivi: 1) nell'ordinanza della Cass. Civ. n.29810/2017 si parla esclusivamente e più volte di «nullità del contratto», mai di nullità delle singole clausole; 2) le clausole censurate incidono pesantemente e sfavorevolmente sulla posizione del garante, circostanza che giustifica che sia sanzionato l'intero agire dei responsabili delle violazioni in esame; deve dunque escludersi l'applicabilità dell'art. 1419 c.c. (nullità parziale). La nullità del contratto di fideiussione per contrarietà a norma imperativa (art. 2, comma 2, lett. a, L. n. 287/1990) è stata dichiarata anche da Trib. Torre Annunziata 1.3.2018.
Secondo Trib. Rovigo 9.9.2018 (in argomento v. anche Trib. Treviso 26.7.2018 e 30.7.2018), la nullità ravvisabile nella fattispecie non può invece che considerarsi parziale, e quindi riguardare le sole clausole in violazione della normativa antitrust, con la conseguenza che - in applicazione del generale principio di cui all’art. 1419 c.c. - il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, in quanto è di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia, «né l’opponente ha allegato ragioni per cui l’assenza di clausole, peraltro comportanti effetti gravosi nei suoi confronti, lo avrebbero dovuto indurre a non stipulare i negozi in questione».
A diverse conclusioni giunge altra parte della giurisprudenza che, con convincenti argomentazioni, ha disatteso la domanda di nullità del contratto di fideiussione.
Premesso che una intesa vietata può essere dannosa anche per un soggetto, consumatore o imprenditore, che non vi abbia preso parte (v. supra Cass. Civ., Sez. Unite,n. 2207/2005), perché gli si possa riconoscere un interesse ad invocare la tutela di cui all’art. 33, comma 2, L. n. 287/1990 non è sufficiente che egli alleghi la nullità della intesa medesima ma occorre anche che precisi la conseguenza che tale vizio ha prodotto sul proprio diritto ad una scelta effettiva tra una pluralità di prodotti concorrenti. In particolare, occorre chiarire in virtù di quale meccanismo l’accertata nullità della intesa restrittiva della concorrenza determinerebbe la nullità anche dei singoli contratti "a valle" e da quale tipo di nullità questi sarebbero affetti (Trib. Verona 27.9.2018 e1.10.2018; v. anche Trib. Monza 4.9.2018).
Nello stesso ordine di idee si colloca App. Milano 20.11.2018, secondo cui l’onere della prova circa l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale, costituente indefettibile presupposto della richiesta di nullità della fideiussione ex artt. 2 L. 287/1990 e 1419, comma 1, c.c., grava sull’attore. Nessun serio indizio di una intesa anticoncorrenziale può essere tratto dal solo fatto che nella singola fideiussione siano state inserite le medesime tre clausole già sanzionate nel 2005, tanto più considerando che le dette clausole non erano contrarie a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche (il denunciato profilo di nullità riposava - in tesi - solo e soltanto nell’asserita violazione dell’artt. 2 L. 287/1990). In definitiva, conclude la Corte di appello milanese, in assenza di una indicazione - da parte dell’attore/appellante - sufficientemente plausibile di seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza, la domanda di nullità della fideiussione omnibus (e/o delle clausole, come già detto, di natura derogabile) deve essere rigettata.
Invero, l’unica tutela concessa al soggetto rimasto estraneo all'intesa anti-concorrenziale che abbia allegato e dimostrato un pregiudizio ad essa conseguente, è quella risarcitoria (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 2207/2005; Trib. Verona 27.9.2018 e 1.10.2018). Una simile impostazione è avvalorata dal d.lgs. n. 3/2017 che, secondo quanto precisa l'art. 1, comma 1, «disciplina, anche con riferimento alle azioni collettive di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il diritto al risarcimento in favore di chiunque ha subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o di un'associazione di imprese».
Alle medesime conclusioni - risarcimento del danno unica forma di tutela esperibile - giunge anche Trib. Treviso 26.7.2018 e 30.7.2018, in esito ad una articolata motivazione; basti qui accennare alla circostanza che l'esclusione della nullità del contratto di fideiussione (nell'eventualità, comunque, solo parziale ex art. 1419, comma 1, c.c.) è argomentata, tra l'altro, dalla insussistenza di un vincolo di dipendenza funzionale o, comunque, di un collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile fra l’intesa censurata dalla Banca d'Italia e il singolo negozio fideiussorio stipulato conformemente a tale intesa.
Cassazione civile, Sez. I, ordinanza 28 novembre 2018, n. 30818
Art. 1957 cod. civ.
Art. 33, comma 2, L. n. 287/1990
Art. 1, d.lgs. n. 3/2017