Corte di Giustizia UE: la capitalizzazione degli interessi è illegittima
La capitalizzazione degli interessi
Nullità della clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi per violazione dell'art. 10 Cost. e art. 6 Trattato di Amsterdam
La capitalizzazione composta è infatti contraria ai principi generali della trasparenza, della proporzionalità, e della non discriminazione sanciti dai trattati e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.
Il principio di proporzionalità è affermato incidentalmente nella sentenza Federeation Charbonniere de Belgique in applicazione del Trattato CECA (Causa C-8/55 sentenza della Corte del 29 novembre 1956), e esplicitamente enunciato nella sentenza Koester (Causa C.25/70 sentenza della Corte del 17 dicembre 1970).
Nelle Cause C-19/61 Mannesmann e C-265/87 Schrader la Corte di Lussemburgo ha affermato che il principio di proporzionalità si pone tra i principi generali del diritto comunitario e alla base dello stato di diritto, principio quest'ultimo accolto nel trattato di Amsterdam all'art. 6. Al principio di proporzionalità, la giurisprudenza comunitaria ha attribuito la natura di norma giuridica vincolante e di applicazione diretta da parte dei giudici nazionali che sono tenuti a disapplicare le norme nazionali che sono in contrasto con esso e a rilevare d'ufficio la sua infrazione.
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' E TRASPARENZA
La citata giurisprudenza ha altresì elevato il principio di proprorzionalità al rango di norma costituzionale, quale elemento regolatore che estende il suo campo d'azione anche sull'attività legislativa comunitaria. Da ciò consegue che uno stato dell'Unione Europea non può attribuire ad un intero settore economico (quello bancario) il diritto di imporre alla clientela condizioni economiche che sia l'effetto di asimmetria informativache consenta ai professionisti del credito di imporre sistematicamente contratti i cui reali ed effettivi oneri siano occultati al contraente debole, e consenta attraverso contratti di massa, di contenere condizioni economiche sproporzionate che consentono di trarre un profitto ingiustificatamente esorbitante . Il magistrato, pertanto, in ossequio al principio di proporzionalità deve disapplicare tutte quelle norme che determinano o favoriscono il conseguimento di un profitto eccessivo dalle obbligazioni pecuniarie come l'art. 25 c. 2 d. lgs. 342/1999, ed interpretare la legge antiusura alla luce del principio di proporzionalità.
PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE
Unitamente al principio di proporzionalità deve altresì essere rispettato il principio di non discriminazione sancito dall'art. 1 bis TUE.
La Corte di Lussemburgo ha statuito che il principio di non discriminazione deve essere rispettato anche nei rapporti tra imprese e tra imprese e consumatori (Causa C-5/73 Balkan, punto n. 5 della massima e C-265/87, Schraeder, punti nn. 3 e 26).
È importane, a questo punto richiamare la nota sentenza della Corte del 14 luglio 1981 nella causa C-172/80 Zuechner nella quale fu statuito che "le banche commerciali sono imprese ai sensi dell'art, 85 n. 1 del Trattato" e pertanto non godono di nessuna esenzione o trattamento privilegiato quali quelli previsti dallo status di imprese "incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale" in riferimento all'allora vigente §2 dell'art. 90 del Trattato CE.
Venendo adesso a trattare l'apertura di credito in conto corrente, si rileva come le imputazione degli addebiti sono fatte al solo capitale, per cui le competenze non sono mai estinte restando quindi in conto. Tale situazione produce una plurima progressione geometrica che vede agire trimestralmente quattro meccanismi di incremento delle competenze: gli interessi che incrementano se stessi e la cms e, quest'ultima, che incrementa se stessa e gli interessi.
Preso atto di tale situazione giuridica è possibile adesso ritagliare quelle sentenze comunitarie che anno affermato e ribadito i principi enunciati inevitabilmente applicabili anche al sistema bancario. Prima tra tutte la sentenza relativa alla Causa C-389/08 Base NV- Belgacom, nella quale al punto 33 afferma l'imperatività del "rispetto dei principi di obbiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità" e l'esigenza di "limitare le distorsioni del mercato tutelando nel contempo l'interesse pubblico".
I principi affermati che, si ricorda, sono norme giuridiche direttamente applicabili nel nostro ordinamento anche in disapplicazione di norme nazionali contrastanti, portano ad una prima semplice conclusione: l'art. 25 c. 2 d. lgs. 342/1999 e la delibera CICR 9 febbraio 2000, che derogano al divieto posto dall'art. 1283 c.c. in solo favore dei contratti posti in essere dal sistema bancario, sono illecite e quindi devono essere disapplicate dal Giudice a quo.