google-site-verification=fW9ic3r_naxgruDksv5S6Ug4tN6LSm6wUy51njmsY0M
top of page

L'accesso alla documentazione bancaria è esercitabile anche in corso di causa


L'accesso alla documentazione bancaria ex art. 119 TUB è esercitabile anche in corso di causa


Con sentenza n. 11554 dell’11 maggio 2017, la Corte di cassazione conferma che la richiesta della documentazione bancaria può essere esercitata dal correntista ex art. 119, comma 4, del testo unico bancario (d.lgs. n. 385/1993) anche in corso di causa.


«Il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto può essere esercitato, ai sensi del comma 4 dell'art. 119 del vigente testo unico bancario, anche in corso di causa e a mezzo di qualunque modo si mostri idoneo allo scopo»: è questo l'interessante principio di diritto di recente stabilito dalla Cassazione con sentenza n. 11554 dell'11 maggio 2017.

Come noto, l'art. 119, comma 4, testo unico bancario (D.Lgs. n. 385/1993, di seguito T.U.B.) prevede che il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo o che ne subentra nell’amministrazione ha diritto di ottenere, a proprie spese (solo costi di reperimento e produzione della documentazione), entro il termine di 90 giorni dalla richiesta, copia della documentazione inerente singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.

Anche il garante - che per Banca d'Italia è qualificabile come 'cliente' poiché intrattiene rapporti contrattuali con l'intermediario - può richiedere la documentazione delle operazioni bancarie dell'obbligato principale/soggetto garantito, per verificarne la regolarità (Cass. n. 23391/2007; Trib. Prato 13/04/2015 e 08/10/2015; Trib. Oristano 04/12/2014); allo stesso modo, hanno accesso alla documentazione bancaria anche gli eredi del cliente, il cointestatario di un conto corrente con firma disgiunta (Collegio coordinamento ABF n. 585672015) nonché il curatore fallimentare che, ex art. 31 l. fall., è subentrato nell'amministrazione del patrimonio del fallito (Cass. n. 12093/2001; Cass. n. 5669/2007; Cass. n. 11773/1999).

Il diritto di accesso alla documentazione bancaria si configura quale diritto autonomo che, pur derivando dal contratto, è estraneo alle obbligazioni tipiche che ne costituiscono lo specifico contenuto; esso nasce dall'obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, che è accessorio di ogni prestazione dedotta in negozio e consente alla parte interessata di conseguire ogni utilità programmata, anche oltre quelle riferibili alle prestazioni convenute, comportando esso stesso una prestazione, cui ognuna delle parti è tenuta, in quanto imposta direttamente dalla legge (art. 1374 c.c.) (Cass. n. 11004/2006; Cass. n. 12093/2001; Cass. n. 4598/1997).

Proprio in ragione del fatto che il diritto di accesso alla documentazione bancaria è riconducibile nell'ambito del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), ai fini del reperimento della suddetta documentazione non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l'individuazione dei documenti richiesti, quali, ad es., i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte (Cass. n. 5091/2016; Cass. n. 22183/2015; Cass. n. 11004/2006; Trib. Nola 13/06/2000; Trib. Prato 13/04/2015; ABF Napoli n. 4930/2014).

Secondo la giurisprudenza maggioritaria la richiesta della documentazione bancaria costituisce un onere probatorio che deve essere esercitato dall'interessato ante causam (Trib. Milano 14/10/2015; Trib. Trapani 22/10/2015; Trib. Taranto 17/09/2015; Trib. Padova 27/04/2016 e 29.5.2016; Trib. Oristano 04/12/2014; Trib. Nocera Inferiore 20/01/2013; Trib. Verona 11/07/2003), anche al fine di dotare di credibilità la perizia contabile di regola prodotta a supporto dell'atto di citazione: "poiché .... sembra di capire che gli attori ... fossero privi della documentazione di cui chiedevano alla banca l'invio, viene francamente da domandarsi quale documentazione sia stata esaminata [dal consulente tecnico di parte nella predisposizione della perizia]" (Trib. Padova 27/04/2016).

Proprio sui tempi di attivazione della richiesta ex art. 119, comma 4, T.U.B. è intervenuta la recente Cass. n. 11554/2017, che ha stabilito la possibilità che la richiesta della documentazione bancaria possa essere esercitata dal correntista anche in corso di causa.

Nell'assegnare al «cliente, colui che gli succede a qualsiasi titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni» la facoltà di ottenere la documentazione dei propri rapporti bancari, il quarto comma dell'art. 119 T.U.B. non dispone nessuna limitazione relativamente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra correntista e istituto di credito. Peraltro, prosegue la Cassazione, la richiamata disposizione dell'art. 119 T.U.B. viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari: con tale norma la legge dà vita a una facoltà che non è soggetta a restrizioni (diverse, naturalmente, da quelle previste nella stessa disposizione dell'art. 119). Incombe dunque sull'intermediario un dovere di protezione, consistente nel fornire degli idonei supporti documentali alla propria clientela, dovere che si estende anche oltre l'intera durata del rapporto, nei limite dei dieci anni a seguire dal compimento delle operazioni interessate.

Sulla base di queste premesse, appare chiaro alla Suprema Corte come non possa risultare corretta una soluzione che limiti l'esercizio di questo potere soltanto alla fase anteriore all'avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca con cui intrattiene rapporti. Una diversa ricostruzione - in contrasto con il tenore del testo di legge - tenderebbe a trasformare uno strumento di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell'onere.

La Cassazione conclude il proprio iter argomentativo con un duplice rilievo:


a) non è da ritenere che l'esercizio del potere in questione sia in qualche modo subordinato al rispetto di determinare formalità espressive o di date vesti documentali; né, tantomeno, che la formulazione della richiesta, quale atto di effettivo esercizio di tale facoltà, debba rimanere affare riservato delle parti del relativo contratto o, comunque, essere non conoscibile dal giudice o non transitabile per lo stesso;

b) per il caso di esercizio in via giudiziale della facoltà di cui all'art. 119, comma 4, T.U.B., la richiesta si deve necessariamente mantenere entro i confini della fase istruttoria del processo cui accede.

Post recenti
Archivio

Seguici

  • Facebook Basic Square
  • Twitter Basic Square
  • Google+ Basic Square
bottom of page