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La voltura catastale non significa accettazione tacita dell'eredità

Pronunciandosi in materia di delazione ereditaria immobiliare, la seconda sezione del Tribunale di Torino (ordinanza 7 marzo 2017) ha escluso – in contrasto con la prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito – che la voltura catastale di un immobile costituisca elemento idoneo ad integrare accettazione tacita dell’eredità, sia perché si tratta di un atto legalmente dovuto, come tale incompatibile con l’univoca intenzione di diventare erede, sia in quanto la voltura catastale, assolvendo unicamente funzioni di natura fiscale, non assume alcun valore rispetto all’attribuzione della proprietà.


Il caso

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. la Banca B.D. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino F.F., sul presupposto di essere creditrice ipotecaria di quest’ultima, al fine di sentire accertare nei suoi confronti l’accettazione tacita dell’eredità in morte di G.F. e conseguentemente consentire alla Banca stessa di procedere alla richiesta di trascrizione in via surrogatoria.

In particolare la ricorrente assumeva che nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare instaurata dalla medesima presso lo stesso Tribunale subalpino era stata rilevata la non continuità delle trascrizioni sui cespiti oggetto di espropriazione, non risultando trascritta alcuna accettazione di eredità in morte di G.F., ed era pertanto interesse della parte ricorrente far accertare l’accettazione tacita dell’eredità per proseguire nella suddetta procedura esecutiva instaurata a carico di F.F.

Si costituisce in giudizio la convenuta, contestando in toto, a cagione della sua infondatezza, la domanda avversaria.

La voltura catastale, in quanto atto legalmente obbligatorio – quindi incompatibile con l’univoca intenzione di diventare erede – non costituisce atto idoneo ad integrare accettazione tacita di eredità

Secondo la parte ricorrente l’accettazione tacita di eredità, oggetto della domanda di accertamento, risulta integrata dalla domanda di voltura catastale sull’immobile oggetto di successione effettuato da F.F., chiamata all’eredità stessa.

Giova anzitutto rilevare come, in conformità alla logica ed all’indirizzo concorde ed ormai consolidato del Supremo Collegio, l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede (art. 476 c.c.), possa essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare, o che siano significativi e concludenti della volontà di accettare (si vedano in tal senso, ex pluribus: Cass. civ., sez. II, 8 giugno 2015, n. 11823; Cass. civ. sez. VI, 21 ottobre 2014, n. 22317; Cass. civ. sez. II, 28 maggio 2012, n. 8493).

Ed è nel novero di questi “fatti concludenti”, idonei dunque ad integrare l’accettazione implicita dell’eredità, che la pressoché costante giurisprudenza riconduce la voltura catastale (oltre alle sentenze della Corte di Cassazione menzionate, ex adverso, nell’ordinanza in commento, si vedano, nella giurisprudenza di legittimità: Cass. civ. sez. III, 11 luglio 2014, n. 15888; Cass. civ. sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21902; nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Milano sez. IV civ., 12 febbraio 2013, n. 1994; App. Roma, sez. III civ., 24 febbraio 2012; App. Firenze, sez. I civ., 30 agosto 2005, n. 1198). Secondo questo consolidato orientamento, si ritiene poter desumere l’accettazione tacita dell’eredità dalla richiesta da parte del chiamato della voltura catastale a suo favore degli immobili compresi nell’asse ereditario poiché trattasi di atto rilevante non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi, in quanto soltanto chi intenda accettare l’eredità assume l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio della proprietà dal “de cuius” a sé stesso (in questi termini si veda, in particolare, Cass. civ. n. 5226/2002, citata in ordinanza).

In contrapposizione a questo “granitico” indirizzo giurisprudenziale si pone la decisione della II Sez. civile del Tribunale di Torino in esame, laddove il giudicante (Dott. Francesco Moroni), ritiene di discostarsi da tale indirizzo.

Punto di partenza del tessuto argomentativo dell’ordinanza è l’analisi del combinato disposto degli artt. 28, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”) e 3, commi 2-3, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650 (“Perfezionamento e revisione del sistema catastale”), per cui coloro che sono tenuti alla presentazione delle denunce di successione – indicati nel comma 2 dell’art. 28, d.lgs. n. 346/1990, laddove i primi ad essere menzionati sono i chiamati all’eredità – devono richiedere la voltura catastale entro trenta giorni dalla denuncia. Orbene, l’osservanza di quest’adempimento (imposto per i beni iscritti tanto nel catasto dei terreni quanto nel catasto edilizio urbano, in forza del rinvio operato dall’art. 14, D.P.R. n. 650/1972) è presidiata, ai sensi dell’art. 12, D.P.R. n. 650/1972, da una sanzione pecuniaria che, “seppur di esiguo valore”, assume un rilievo decisivo rispetto alla tesi sostenuta dal giudicante circa l’inidoneità della voltura catastale ad integrare l’accettazione tacita d’eredità ex art. 476 c.c.; ciò in quanto la sanzione connota in termini di obbligatorietà l’adempimento de quo (nonché il rispetto del relativo termine), escludendo così la volontà di accettare, che il comportamento concludente di accettazione tacita deve per sua natura necessariamente presupporre. Così, per usare le parole del giudice torinese, “trattandosi di un atto legalmente dovuto, la cui inosservanza è formalmente sanzionata, la voltura catastale non può pertanto essere ricondotta all’alveo degli atti di accettazione tacita di eredità, dal momento che questi ultimi presuppongono un comportamento concludente, da parte del chiamato, la cui esecuzione deve essere rimessa al suo libero arbitrio”.

La qualificazione come perentorio del termine entro cui coloro che sono tenuti alla presentazione della dichiarazione di successione devono domandare la voltura catastale (30 giorni dall’avvenuta registrazione della denuncia di successione) assume rilievo, nell’assetto motivazionale dell’ordinanza resa dal Tribunale di Torino, sotto un ulteriore profilo: evidenzia infatti il giudicante come l’adesione alla tesi secondo cui la domanda di voltura comporti accettazione implicita d’eredità determinerebbe – ove l’asse ereditario sia costituto da beni immobili – una (“significativa ed irragionevole”) deroga rispetto al termine di prescrizione decennale previsto, in via generale, per il diritto di accettare l’eredità dall’art. 480, comma 1, c.c.

La voltura catastale effettuata all’Ufficio del catasto non è idonea ad attribuire la proprietà degli immobili, e conseguentemente nessun valore può avere in tema di accettazione dell’eredità

Ulteriore argomento a sostegno della tesi dell’inidoneità della voltura catastale a costituire accettazione implicita d’eredità è individuato dal Tribunale del capoluogo piemontese nella non valenza della voltura de qua ai fini di trasferimento della proprietà immobiliare (né ai fini di prova della proprietà stessa).

È evidente come sia questo il punto di maggiore “frizione” tra la tesi sostenuta nell’ordinanza in esame e la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito in ordine al rapporto tra la voltura catastale e l’istituto di cui all’art. 476 c.c.

Ad avviso del giudicante, si pone a fondamento di tale assunto la differenza ricorrente tra Ufficio del catasto ed Agenzia del territorio (ex Conservatoria dei registri immobiliari), laddove solo a quest’ultima è rimessa in via esclusiva l’attribuzione della proprietà immobiliare, mentre il primo è chiamato ad assolvere unicamente funzioni di natura fiscale.

A conforto dell’affermazione de qua nella decisione in commento si indica “l’orientamento dottrinale che nega l’idoneità della voltura catastale ad attribuire la proprietà degli immobili” (per il quale chi scrive si permette di citare, per tutti, G. Visalli, La voltura catastale attua il passaggio della proprietà degli immobili? Riflessioni, in Giust. civ., fasc. 5, 2003, 1094, ed i riferimenti ivi indicati), nonché la sentenza Cass. civ., Sez. I, 12-6-1987, n. 5135, ove si legge: “Né […] ha rilievo la circostanza che gli eredi del terzo abbiano trascritto a proprio favore la denuncia di successione relativa alla costruzione ed ottenuto le volture catastali a proprio nome, non costituendo tali operazioni (trascrizione, voltura) fatti idonei a determinare il trasferimento della proprietà”.

Si tratta, evidentemente, di un enunciato giurisprudenziale piuttosto risalente; tuttavia, pare non fuori luogo rilevare, in merito, come la natura di tipo (esclusivamente) fiscale-tributario delle funzioni svolte dal catasto sia stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza, sia civile (cfr. Trib. L’Aquila 24 marzo 2015, n. 286), sia amministrativa [v., Cons. Stato sez. VI, 9 febbraio 2015, n. 631; Cons. Stato sez. V, 17 giugno 2014, n. 3096; T.A.R. Parma (Emilia-Romagna), sez. I, 25 agosto 2016, n. 248].

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